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scheda di Rigotti, F., L'Indice 1992, n. 9
Francisco J. Varela è esponente di punta delle cosiddette "scienze cognitive", termine col quale si designa la moderna analisi scientifica della mente e della conoscenza in tutte le sue dimensioni. Le "scienze cognitive" godono in alcuni paesi, per esempio in Francia e negli Stati Uniti, di programmi di ricerca definiti, con istituzioni, riviste, tecnologie proprie e, non da ultimo, implicazioni commerciali di portata internazionale. Trasposte in chiave filosofica, le scienze cognitive insistono sulla dipendenza del mondo come lo si percepisce da parte di colui che lo percepisce; l'idea fondamentale è che le facoltà cognitive sono inestricabilmente collegate alla nostra storia fisica e sociale, sicché colui che sa e ciò che è saputo, soggetto e oggetto, diventano la specificazione reciproca e simultanea l'uno dell'altro.Biologo di formazione, divenuto famoso nei primi anni settanta grazie alla collaborazione prestata a Maturana nell'elaborazione della teoria dell'"autopoiesi" (una spiegazione degli esseri viventi in termini di sistemi autonomi, autoriferiti, autocontenuti e autocostruiti, in breve "autopoietici", che alcuni hanno voluto estendere dalla biologia alla sociologia), Varela si cimenta qui con un territorio per lui nuovo, l'etica, per la quale non esita a presentare un'ambiziosa proposta. In questo "Un know-how per l'etica", terzo volume della collana "Lezioni italiane", si spazia tra orizzonti amplissimi, che vanno dai risultati delle scienze cognitive in campo neurobiologico ai contributi di alcune tradizioni di saggezza orientali (confucianesimo, taoismo, buddhismo), dall'apporto della psicoanalisi lacaniana alla fenomenologia di Husserl e di Merleau-Ponty, il tutto condito con un po' di ermeneutica filosofica. Il risultato dell'accostamento di questi blocchi concettuali è una presa di posizione per il know-how etico, ovvero l'abilità e capacità di confronto immediato nei casi di "breakdown", quando la mente, di fronte a un evento inaspettato, resta confusa, di contro al cosiddetto "know-what", qui inteso come la produzione di giudizi razionali che individuano distaccatamente ciò che è giusto. È sulla capacità di confronto immediato che è incentrata la maggior parte della nostra vita - sostiene Varela - ed è su tale capacità che occorre fondare il comportamento etico: una capacità che ci aiuti a selezionare un comportamento tra la miriade di comportamenti possibili: l'esperto non è colui che risponde in maniera etica grazie al suo controllo su azioni intenzionali e razionali ma è colui che è etico, cioè inclinato ad agire in maniera etica in risposta a situazioni specifiche. Persino troppo facile mi pare l'obiezione centrata sul fatto che Varela parte da situazioni e premesse non etiche, estendendole senza una motivazione precisa a casi etici: nella sua prospettiva si perde ogni distinzione tra azioni etiche e non si vanifica la specificità dell'azione che agisce in conformità al giusto o al buono.
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