L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Colette, avvolta in «una vestaglia dalle pretese botticelliane», implora il saturnino Paul Masson di intrattenerla con qualche «bugia». E così, attraverso i cenni sparsi di quel «mistificatore abilissimo» prima, e l’abile fuori campo di Colette più avanti, ripercorriamo, dai suoi esili inizi fino al suo sensazionale epilogo, tutta la storia di Marco, «una bellezza del 1870, 1875, che rinunciava per modestia e per povertà a seguirci nel 1898», addentrandoci per brevi tratti nella sua bizzarra professione di autrice di feuilleton esotici, nelle repentine, ansiose metamorfosi delle sue toilette, e infine nella sua unica e tardiva passione, innescata da una beffa e da una beffa amaramente spenta.
Ed è sotto il segno dell’inganno che si pongono anche gli altri racconti di questo libro. Ingannevole è l’abito del seduttore con cui Albin Chaveriat crede di conquistare Louisette, una quindicenne «predestinata alla menzogna, alle connivenze illecite, insomma al peccato», per venirne, in realtà, spietatamente irriso. Ingannevole, come sempre, è la semplicità di Colette, che in Armande arriva a concedersi, per la seconda e ultima volta nella sua carriera, il provocatorio cattivo gusto di un lieto fine. E ingannevole, soprattutto, è il suo stile che, mentre finge di indugiare oziosamente su una vecchia collezione di cancelleria, ci mostra come, a chi sappia guardarlo, anche da un bastoncino di «ceralacca verde spruzzata d’oro» possa scaturire, girando su se stesso «come un nero derviscio», il fantasma di un intreccio.
Il kepì è stato pubblicato per la prima volta nel 1943.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Una bella scoperta... Colette donna libera e moderna, conosce il piacere e lo sa raccontare con un’ottima prosa.
piccoli racconti deliziosi, una lettura veloce e leggera.
Un libro bello ma triste. Un bello ufficialetto innamorato di una donna con parecchi anni più di lui... E' il racconto di un amore spaiato... per via dell'età. Lui ne era innamorato, forse, ma quando lei per gioco indossa il suo Kepì, scopre all'improvviso che lei non è più una ragazza, la ragazza che lui amava, ma che è solo una patetica donna di mezza età. Come se a questo punto lei non valesse più... E vallo a chiamare "amore" !!! Tristissimo.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
scheda di Bertini, M., L'Indice 1997, n. 2
Nel corso della sua lunga, intensissima vita - che la portò dagli ambienti della "bohème" 1900 ai palcoscenici del music-hall, dall'Italia della prima guerra mondiale a un Marocco fiabesco e crudele, da una Saint-Tropez ancora paradisiaca alla cupa Parigi occupata dai nazisti - Colette impresse una propria invariabile cifra personale (fatta di candido narcisismo, di spregiudicatezza per nulla ideologica, di appassionata e agile curiosità) a narrazioni molto diverse tra loro. Negli anni del suo "apprendistato" intraprese il ciclo delle "Claudines" sotto la guida del marito Willy, autore di romanzi leggeri che abbozzava e firmava, lasciandone però la stesura a giovani scrittori sconosciuti, per lo più brillanti e affamati; più tardi, emancipatasi da Willy, elaborò costantemente nei suoi libri spunti autobiografici, a volte poeticamente trasfigurati (come nei testi consacrati al ricordo della madre), a volte colti con una tecnica impressionistica affinata negli anni e aderente al reale in una sorta di singolare e inimitabile sinuosità. Troviamo oggi in libreria tre esempi complementari di queste diverse maniere. Di "Claudine a scuola" - romanzo d'esordio in cui, tra le pagine maliziose volute da Willy, si affaccia una Colette adolescente selvatica e un po' felina - Carmen Covito ci offre una traduzione memorabile, spigliatissima nei dialoghi e nel lessico opportunamente svecchiato, accompagnata da una sua ottima postfazione. "Il puro e l'impuro", che l'autrice riteneva il suo libro migliore, torna in edizione tascabile; è la Colette della maturità, lucida e saggia, che percorre i territori segnalati come diabolici dalla morale borghese per scoprirvi verità insospettate e ammirevoli amori. "Il kepì" appartiene invece alla sua ultima stagione: alla Colette che, dalla Parigi della guerra, fa rinascere, in una specie di camera oscura, le immagini brillanti della cosiddetta "belle époque", come in Gigi. In questa cornice d'epoca, per nulla convenzionale, vediamo una scrittrice di "feuilletons" che ha passato la quarantina sperimentare per la prima volta, accanto a un giovane ufficiale, l'euforia dell'"amour-passion*; ma ne spezzerà involontariamente l'incanto con un anacronistico gesto sbarazzino che la inchioderà alla realtà del suo melanconico tramonto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore