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Altro testo importante per capire la cattiveria dell'essere umano. Interessante la postfazione di Sessi sulla descrizione della gerarchia dei kapo.
Liblau nei suoi ricordi della sua detenzione ad Auschwitz, contenuti in questo libro, ci mostra quanto sia corruttibile l'animo umano in presenza di un male radicato e assasino. Colpisce come uomini, anch'essi internati, possano provocare dolore agli altri per un tozzo di pane in più dai loro carnefici. Una delle letture obbligatorie per conoscere e per capire che cos'è stato veramente l'universo concentrazionario tedesco.
Preziosa testimonianza di Charles Liblau sulla figura controversa in sede storiografica del Kapo. Con uno stile sobrio ed efficace, sono tratteggiati i profili di uomini - prigionieri tra i prigionieri - che hanno assunto un ruolo e un potere stabilito e regolato dalle SS del Lager, interpretandolo ognuno a secondo della propria personalità.
Recensioni
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Il problema, quando si tratta del "pianeta Auschwitz", è che i territori che lo costituivano, abitati da individui, ma costruiti anche e soprattutto da ruoli e funzioni, lungi dall'essere delimitabili, come suppone il pensiero ingenuo, andavano intersecandosi continuamente. È questo il significato della formula conosciuta come "zona grigia", punto di collisione e di collusione tra vittime e carnefici, tra sommersi e salvabili, tra subalterni e superiori. Auschwitz non era luogo di anomia, ma, piuttosto, territorio di una legge hobbesiana, dove il debole era invariabilmente destinato a essere divorato dal forte. Da questo punto di vista il lager enfatizzava anche aspetti già presenti, sia pure in fieri, nella vita quotidiana degli esseri liberi: avidità, calcolo d'interesse, omertà, ferocia e così via Elemento di raccordo tra l'amministrazione del campo e i prigionieri erano coloro che tra questi ultimi venivano scelti per esercitare la mansione di Kapo, ovvero di detenuti-funzionari, addetti alla verifica, per conto dei nazisti, del "buon" funzionamento dell'insieme delle attività nelle quali si articolava la vita (e la morte) nel lager. Charles Liblau, militante comunista polacco, combattente nella guerra di Spagna, deportato politico ad Auschwitz, ricostruisce con stile secco e sobrio, senza concessione alcuna alla retorica di maniera, il funzionamento dell'universo concentrazionario attraverso l'indagine sul ruolo svolto da sei Kapo. Più che l'aspetto della loro disumanità, quel che all'autore interessa è mettere a fuoco i meccanismi attraverso i quali i campi di concentramento poterono funzionare. Lo fa con la perizia che fu propria di parte dei deportati politici, coscienza storica di una tragedia collettiva.
Claudio Vercelli
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