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Non è una semplice magia. La Kabbalah è un percorso mistico e filosofico attraverso il mistero di Dio. Una strada intrisa di alchemiche oscurità, dietro cui si celano sofisticate chiavi di lettura dell’universo. Inventarsi l’ignoto, l’arcano, il miracoloso è un modo per tentare di capire chi siamo: una risorsa creativa e individuale, e dunque inesauribile, adattabile alle più diverse condizioni socio-culturali, che fa sentire tutti artefici della scoperta, costruttori di ponti verso la trascendenza. Il percorso storico presentato dal saggio di Giorgio Israel fornisce, oltre a numerose informazioni bibliografiche e specialistiche, un quadro squisitamente movimentato di un fenomeno ben radicato nella tradizione ebraica, del quale si ignorano le origini remote, ma che ha dimostrato la sua capacità di appartenere ad ogni tempo e ad ogni luogo: un patrimonio eternamente rinnovabile di sapienza ed umiltà, di riflessione razionale ed incanto soprannaturale, in cui pensarsi uomini significa, automaticamente, entrare sommessamente in dialogo con la Verità. La scienza linguistica e combinatoria della “gematria” fa del rigore uno strumento che sovrasta la nostra comprensione per educarla alla gioiosa accettazione dei suoi limiti, invitandola a lasciarsi dominare dallo stupore per la Rivelazione: una catarsi racchiusa nell’infinita ripetizione di un nome, una poesia che sa di fiaba apocalittica, un gioco di (s)composizione che rispetta ossequiosamente le regole del divenire cosmico. Il racconto procede con piacevole ed acrobatica complessità, arabescando lo scritto di rimandi alla dimensione onirica dello studio filologico, che si affida ad una immaginaria, atavica memoria: la stessa in cui si perde il mito, principio di ogni cosa, che tutto spiega, ma che nulla prova, se non la fantasiosa finitezza del nostro sguardo. Uno sguardo intimorito che chiede, incessantemente, un’illusione di prossimità che nasconda l’orizzonte.
Chi conosceva l'opera di gnoseologia e filosofia matematica di questo autore non può meravigliarsi dello stupefacente risultato ottenuto nel saggio cabbalistico, redatto con una intelligenza gnostica certamente singolare in un matematico di professione. Soccorre probabilmente la personale cultura ebraica dell'autore e la conseguente propensione alla fondazione gnostica della conoscenza, nel cui ambito è iscrivibile la monografia cabbalistica. A differenza di autori anche illustri in materia (Scholem, ecc.)la individuazione del plesso gnostico della scienza cabbalistica, e quindi nè psicologico nè ontologico, consente all'autore la formulazione di una Legge metafisica della intelligenza, trattata appunto su basi cabbalistiche, che accomuna le sue intuizioni sulla teoria della intelligenza negativa a quelle di Krishnamurti, Suzuki e l'amato cabbalista Pico del quale enuncia con sicurezza la teoria metafisica della conoscenza, mai prima d'ora così chiaramente individuata. L'idea che la condizione intelligente si origini invariabilmente sul presupposto di una metafisica negativa, ha radici remote nel pensiero gnostico ed una codificazione impareggiabile nelle teorie del Muni; l'autore mutua tuttavia dalle radici gnostiche della soteriologia giudaica una tradizione esoterica che divulga spiega e fa capire di aver pienamente inteso. Se sul piano tecnico-gnoseologico le idee di Israel hanno precedenti specifici nelle teorie gestaltiche di Kohler e dell'insight liberatorio, nondimeno l'autore mantiene l'impianto gnostico propriamente cabbalistico che, benchè difficilmente concepibile da autori non giudaici, determina pur sempre l'impareggiabile stupore gnostico delle pagine evangeliche sulla sapienza e la conoscenza. Questa opera è uno scritto gnostico ed il suo autore confessa con ciò la sua gradita appartenenza alla scuola ebraica di Paolo, di Luca di Giovanni e della gnosi qumraniana. Ma anche della ontologizzazione asimbolica della intelligenza di Einstein. Siamo sempre fra noi.
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