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Anno edizione: 2019
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Estate del 1990.
«"Jugo-rock" è sì un romanzo, ma è fatto di avvenimenti tali che lo spavento e la miseria umana della guerra jugoslava scaraventano il lettore nell’abisso dell’odio fratricida» – Pierpaolo Capovilla
«La mia città è famosa per la birra. Quando dico che sono di Karlovac, tutti sorridono e mi fanno il segno della bottiglia, con mignolo e pollice alzati, esclamando “Karlovacko pivo!”. La nostra birra si beve in tutto il Paese. Ce ne sono anche altre, ma la nostra è la migliore. E costa anche meno. Forse per quello la bevono tutti. Per me è sia la meno cara che la migliore. E di berne un’altra non mi passa neanche per la testa. A parte quando qualcuno porta qualche birra straniera, allora l’assaggio volentieri. Ma non capita spesso. Io e i miei amici ne beviamo molte, più che possiamo. Ci troviamo tutti i giorni al parco, nella parte più interna, vicino al lato posteriore del grande hotel. Lì non ci passa mai nessuno, solo qualche ospite ogni tanto si affaccia da una delle mille finestre del grande palazzo alto sei piani. Noi ci divertiamo a mandarli affanculo, tanto non ci sentono.»
Un diciottenne di Karlovac, Croazia, ha appena terminato la scuola superiore. Passa il tempo tra musica punk e scazzottate. I genitori, preoccupati per il suo comportamento turbolento, decidono di mandarlo a lavorare in Germania. Un'esperienza intensa e formativa, interrotta però bruscamente dalla chiamata per il servizio militare. Un anno di fatiche, umiliazioni e violenza in una Jugoslavia che a dieci anni dalla morte di Tito non è più né unita né socialista. Durante il periodo di ferma la situazione precipita e scoppia il conflitto. Il ragazzo diserta per tornare nella sua città e arruolarsi a combattere nella polizia croata. Appena gli è possibile, torna in Germania e riesce facilmente a costruirsi una nuova vita, ma senza riuscire a integrarsi realmente. Torna allora in Croazia seguendo un destino di violenza che lo attrae come in un vortice.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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