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Libro piuttosto noioso, non sono riuscita a finire di leggere, non mi ha colpito per nulla
Un Forlaniano della primissima ora dona alle patrie saggistiche l'ennesima robusta strenna obbligata. Ricordo un recente articolo assai realista quanto graffiante di un non lontano Domenicale del Sole 24 ore nel quale si raccontava dei libri di Vespa come dei primi libri, quelli in testa, ad essere restituiti al libraio. Beh, con dovuto rispetto per l'autore, e dopo averlo letto, mi dirigo adesso dal libraio a rendere il suddetto; è un libro prevedibile e banale, scopre l'acqua calda di tanta nostrana storia stranota; ma c'è la televisione di mezzo, la persuasione Packardiana ormai consumatissima senza la quale codesti libri sarebbero presto meno che prodotti da oblio. Così sarebbe opportuno ribadire che ci sono libri sortiti dal cuore e dalle viscere più sincere di un autore, il frutto autentico di una ricerca vera, sentita e lottata nel seno di una rincorsa interiore, e altri malamente nipoti del tubo catodico, di una mitragliata orrida pubblicità stantia nella quale fra questo e gli altri degli scorsi anni tutto pare di una continuità indistinta, un unico vizio a propugnare carta stampata che non esita a distinguere salotti con aglio soffritto da divani di significativa parola (e forse i più falsi sono proprio questi ultimi). Una mescolanza ovviamente intenzionale che alla fine raggiunge tutti i ceti e tutte le variegate possibilità spettatorie. Furbate ben costruite, ma in fondo bluff senza molta bravura. Credo infatti che l'autentico lettore sia ben altra persona, quello che non si lascia imbonire al primo delicato assalto da freddure figlie dell'ovvio patinato, ma che valuta e discerne con sapiente buongusto nel terreno di una scelta precisa, coltivata. Il libro di Vespa appartiene alla flaccida progenie del condizionamento inopportuno, inutile, e non alla libera scoperta di una curiosità che sappia dirsi viva. Ma al di là di questo,il libro, letto, è comunque da restituire ben prima di una festa trascorsa, e con sollievo. Naturalmente il minimo.
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