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Non inganni il punto interrogativo del titolo. Per Graziano il destino dell'Italia unitaria si riassume nell'assenza della dimensione nazionale: le diverse parti del paese, che in seguito a fortuiti accidenti internazionali diedero vita a quel complesso chiamato Italia, erano solo Canne al vento, come avrebbe detto la sarda Deledda, destinate a essere scosse e piegate, nella loro condizione di peccato originale, da tutte le tempeste che ne avrebbero accompagnato l'esistenza. Destinato al pubblico francese (è stato prima pubblicato in Francia nel febbraio 2007), il libro parrebbe consolidare una serie di pregiudizi e luoghi comuni storiografici su una nazione indubbiamente difficile. Il triestino Umberto Saba in Scorciatoie e raccontini, pubblicati nel 1945 nel settimanale del Pd'A "La Nuova Europa", sosteneva che a quel tempo l'età effettiva dell'umanità era di sei anni e corrispondeva a quella fase dell'esistenza in cui il bambino per la prima volta si stacca dalle gonnelle della mamma per immergersi nella dimensione sociale con i compagni di scuola e il maestro. Parlava dell'umanità il poeta, ma pensava a quella più prossima, l'italiana, che un uomo di frontiera come lui sapeva comprendere e amare.
In questo libro di Graziano, invece, l'Italia non esiste, così come il Risorgimento (e in particolare le sue componenti democratiche) e la Resistenza, i cui miti positivi sono semplicemente rovesciati in miti negativi, affabulazioni consolatorie, privi di effettività storica. Sicché l'Italia, lungi dall'essere un bambino, o un adolescente, è un non nato. Anzi, parrebbe essere quell'aborto mostruoso a lungo conservato dei Viceré del siciliano Federico De Roberto. L'Italia pare quindi un'accozzaglia priva di centro, fortuitamente costruita dalle circostanze della politica internazionale e attraversata, nella sua non esistenza, da una dipendenza assoluta, ossia da un vincolo esterno che ne ha contrassegnato la non vita.
Effettivamente, il nesso internazionale e nazionale è stato assai più stringente per il nostro paese che per altre realtà europee, ma proprio in ragione di ciò un simile decisivo aspetto avrebbe meritato una maggiore riflessione e argomentazione. È indubbio che le svolte internazionali abbiano avuto, dalle origini alla fine del comunismo, un impatto devastante degli equilibri politici e delle stesse forme di governo, e tuttavia, dopo il 1989, la morte ha colpito i soggetti costituenti, non le istituzioni sorte dopo la dittatura e il travaglio del 1943-1945. E il conflitto fra il trasformismo come costante nazionale e il suo superamento non ha radici solo nel particolarismo, così come non può essere sottovalutato il fatto che tra approdo trasformista e ricerca di alternative solide si è ingaggiata un'autentica battaglia lungo tutto il percorso unitario.
Il solo destino della Repubblica italiana parrebbe di trasformarsi in uno stato pontificio allargato, con le gerarchie cattoliche rese più astute dall'accidente storico e deleganti alle cure dei laici il difficile contingente particolare per occuparsi della sostanza dell'universale. E così l'Italia moderna, con il travaglio e il faticoso pluralismo delle culture politiche liberale, democratica, socialista, fascista, cattolica e comunista , altro non sarebbe che parentesi di una non nazione illusasi per oltre un secolo di esserlo. Paolo Soddu
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