Avventurosa, e non men di queste Province fortunata deggio reputar io l'Istoria Civile del Regno di Napoli, che ora umilmente, e coll'animo, il più ch'io possa, riverente e divoto alla Cesarea e Cattolica Maestà Vostra presento; non sol tanto per aver ella la sorte d'uscire alla luce del Mondo sotto un Principe non meno eccelso e poderoso, che magnanimo e benigno; e di così rara e maravigliosa bontà, ch'essendo le sue grandezze maggiori della fama, non isdegna di prender in grado le più basse ed umili cose, allorchè da ossequiosa mano se gli porgono in dono; ma ancora per esser venuta a terminarsi ne' vostri innumerabili e segnalati beneficj, de' quali avete colmo questo Regno, e nelle vostre sublimi e gloriose azioni, di cui avete riempiuto il Mondo tutto; onde la beneficenza, e la fama di tutti gli altri Principi, che lo dominarono, di gran lunga sopravanzando, lo splendore stesso de' vostri Augusti Antecessori avete certamente oscurato. Se mai, per effetto di vostra natural cortesia, tra la moltitudine delle occupazioni gravissime, che nel governamento di sì numerose Province, ed ampj Regni, onde il vostro grande Imperio si compone, tengono debitamente la divina vostra mente occupata, dall'altezza del supremo grado delle mondane cose, dove non men per retaggio de' vostri Maggiori, che per vostri meriti e virtù siete elevato, degnerà la Maestà Vostra abbassar l'occhio a riguardare ciò, che 'n questa Istoria si narra, per lo corso di presso a quindici secoli; potrà quindi chiaramente comprendere, non pur questo suo fedelissimo Regno, per dignità e per grandezza, non cedere a quanti ora ubbidiscono al suo gran nome; ma, che sotto tanti e sì varj Principi di nazioni diverse, onde e' fu dominato, dopo tanti, e sì varj cambiamenti del suo governo civile, veduto mai non fu nella più alta ventura, ed in tanta tranquillità e splendore, come ora, che riposa sotto il di Lei giusto e clementissimo dominio. Nello scadimento del Romano Impero, sotto quegli ultimi Cesari, fu da straniere nazioni miseramente combattuto ed afflitto. I Longobardi, pugnando co' Greci e co' Normanni, e sovente tra lor medesimi, il renderon teatro miserabile di guerre e di rapine. Gli Svevi l'avrebbon certamente rilevato, se non fosse lor convenuto, quasi sempre colle armi in mano, dalle altrui intraprese coprirlo e difenderlo. Gli Angioini, che dal favore de' Romani Pontefici ne riconobbero l'acquisto, il posero in mille soggezioni e servitù; e dopo la morte dell'inclito Re Roberto, essendo caduto sotto la dominazione di femmine, e tra le competenze di più Reali di quella stirpe, da più parti combattuto, streme miserie ebbe a sofferire. Fu poi dal magnanimo Alfonso Re d'Aragona restituito nel suo antico lustro; ma avendolo in morte separato dagli altri suoi paterni Regni, e lasciatolo a Ferdinando suo natural figliuolo, non tanto sotto costui, quanto sotto i suoi discendenti, ritornò nelle primiere calamità e disordini. Il savio Re Ferdinando il Cattolico restaurollo dalle passate sciagure, e sotto l'imperio del vostro gran Zio, dell'invitto e glorioso Carlo V, videsi portato anche a maggior fortuna. Ma Filippo II di lui figliuolo, abbagliato da altre sue vastissime idee, poco ne curò la dechinazione, e molto meno i suoi discendenti. Ma essendosi a' nostri felicissimi tempi avventurosamente restituito sotto il vostro alto e potente imperio, a tanta grandezza con la vostra benefica mano l'avete sollevato là dove non fu veduto giammai. Stolta cosa mi parrebbe a dover credere, che i vostri immensi beneficj a quelli degli altri Re vostri predecessori comparar si potessero. Voi spinto dalla fedeltà e dall'amore de' nostri cuori, e più dalla grandezza e generosità del proprio, che non saprebbe donare, senza arricchire; non pur l'antiche degnaste di confermare, ma di nuove e copiosissime grazie, e tutte considerabili fregiarne. Onoraste la città nostra, e i suoi Eletti, di nuovi e più ragguardevoli
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