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«I due saggi sono una severa messa in guardia dalle letture abusive della storia come esempio di continuità, o peggio, di eternità della natura.» - Massimo Vallerani, L'Indice
«Uno degli aspetti più interessanti dello scritto di Chiffoleauè quello di sottolineare come nel passaggio dalla dimensione onnipervasiva dell'ordine artificiale del diritto antico a quella naturalistica del diritto cristiano, la sovranità e la maestà non solo non diventano esterni alla legge e slegati dalla sua autorità soggettiva ma si radicano a un livello ancora più profondo, diventando fondamento che tiene insieme norma e eccezione, legge e natura indistintamente» - Marco Pacioni, il Manifesto
La natura occupa un posto speciale nella cosmologia dei Moderni. Letterale preistoria di tutto quanto è genuinamente civile e propriamente umano, essa è anche - oggi più che mai - la riserva di ragioni che di questa stessa umana civiltà potrebbero o dovrebbero custodire l'antidoto quando non la palingenesi. Il potere normativo della natura è formidabile proprio perché coincide con la sua stessa dissimulazione: di qualcosa che appare, o deve apparire, ovvio e indiscutibile si dirà infatti che «è naturale». Costruita come l'antipode di ciò che è giudicato artificiale e artefatto, la natura ha quindi il potere di escludere come esecrabile e anormale tutto quanto non sembra soddisfarne la presunta normatività. Yan Thomas e Jacques Chiffoleau - l'uno perlustrando l'officina dei giuristi romani, l'altro i discorsi e le tecniche di giudici e teologi medievali - illustrano un profilo drasticamente diverso e per più versi sorprendente della natura. Secondo i due storici essa non precede mai le operazioni giuridiche e le procedure giudiziarie che - ogni volta che la invocano - altro non fanno che istituirla, costruendo allo stesso tempo tutto ciò che, essendole contrario, a essa ripugna. La natura è la protagonista di un indefinito processo di naturalizzazione. Prima a Roma, nel laboratorio del diritto civile, e poi durante tutto il Medioevo, nei processi in cui si costruisce il diritto pubblico di una sovranità che comincia a farsi le ossa reprimendo i suoi nemici, la natura è un vero e proprio strumento. Un arnese prodotto e impiegato da giuristi e giudici, teologi e filosofi, per intervenire sulla società e la realtà, in un intreccio costante di verità e finzione, possibilità e interdetti, eresia e ortodossia, con cui, probabilmente, non abbiamo ancora smesso di fare i conti.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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