Il volume offre una riflessione, in una prospettiva storica e interdisciplinare, sulla contumacia, intesa come non-cooperazione di chi si sottrae, per le più varie ragioni, in tutto o in parte, ad un procedimento comunque instaurato. In primo luogo, l’obbligo di comparizione e/o cooperazione del convenuto (ma in certi ordinamenti, come quello italiano, anche dell’attore) rimane uno degli aspetti più affascinanti e al tempo stesso sfuggenti del processo. In secondo luogo, la varietà della disciplina della contumacia e dei provvedimenti cui può dar luogo, in particolare il fenomeno delle condanne automatiche e prive di motivazione, pone in evidenza come l’omogenizzazione processuale, pur sotto l’egida dei valori comuni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia ben lungi dal potersi dire totale o profonda anche solo in Europa. Infine, in qualunque ordinamento giuridico, compreso l’ordinamento internazionale, l’inattività o comunque non-cooperazione di una parte chiama in causa una molteplicità di interessi e di diritti talora contrapposti – di natura e grado diversi, a seconda del contesto (anche politico ed economico). È compito del diritto dettare la disciplina della contumacia che meglio contemperi tali interessi, a seconda delle diverse concezioni dello jus dicere e del punto di bilanciamento prescelto in un dato ordinamento ad un certo momento storico. Il bilanciamento – inevitabile – non è mai statico, ma dinamico e sempre abbisogna di essere ridefinito di pari passo con l’evoluzione dei valori e dei bisogni che intende realizzare. Il volume vuole anche ricordare che nessuna regola (di origine pattizia, legislativa o giurisprudenziale), per quanto perfetta, può mai essere alla prova di qualunque ipotesi di party default. Sono richieste oltre alle scelte legislative e all’attività interpretativa del giudice, anche la creatività delle parti e dei loro avvocati – dinanzi a qualunque giudice e in qualunque ambito.
Leggi di più
Leggi di meno