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Ginevra, ricca, snob e, a tratti, intollerabile, incarna l’antieroina per eccellenza. Proprio nella storia del suo naufragio sta la particolarità di questo romanzo: è una donna, una protagonista femminile che si riscopre forte nel momento di maggiore debolezza, in una lotta per la sopravvivenza contro il mare e contro le forze della natura, e mettendosi in viaggio insieme a lei attraverso l'oceano, il lettore si ritrova a viaggiare anche nel suo mondo interiore, nel suo passato e nella sua psiche: Ginevra non sa, non ha mai imparato come ci si relaziona agli altri senza finzioni e convenevoli, e soprattutto non sa amare. La sua lotta, allora, nella solitudine dell'oceano, non sarà solo contro l'ambiente ostile che la circonda, ma anche contro sé stessa, contro i suoi demoni del passato e del presente. E in questa lotta ciò che Ginevra scopre è come, a volte, sia necessario sfiorare la tragedia per comprendere ciò che conta davvero nella vita: l’amore per la vita stessa e la preziosità di ogni respiro vissuto a pieni polmoni. È come se l'autore volesse dirci che a volte, per tutti noi, un metaforico naufragio può salvare la vita, riportandola a galla da tutto ciò che è vano e che rischia lentamente di soffocarla, trasportandola pericolosamente alla deriva. Sicari utilizza uno stile di scrittura scorrevole e limpido che incuriosisce e cattura il lettore. Le descrizioni dettagliate dei fatti e dell'ambiente, quasi filmiche, fanno sì che ci si immerga completamente nel racconto e ci si trovi insieme a Ginevra su un gommone arancione alla deriva nell'oceano. Inoltre, accanto alla vicenda di Ginevra, ritroviamo in questo romanzo la denuncia chiara e silenziosa delle condizioni a cui abbiamo ridotto in nostro pianeta, che rischia davvero di affondare sotto tonnellate di rifiuti e, soprattutto, di plastica.
Ginevra è una donna elegante, ricca, snob, capricciosa, cresciuta nel lusso e negli agi, abituata a prendersi cura sempre e soltanto di sé stessa e persino il suo matrimonio con Andrea è improntato esclusivamente all'apparenza ed è assolutamente privo di amore. Quando, tuttavia, durante un viaggio d'affari in Giappone insieme al marito, uno tzunami travolge il gommone su cui stava prendendo il sole in compagnia di York, la sua vita cambia completamente. Il mondo si capovolge, l'acqua sommerge ogni cosa, Andrea viene sbalzato chissà dove, ma Ginevra, miracolosamente, resta aggrappata al gommone fino alla fine della tragedia e lì si risveglia a distanza di qualche ora. Intorno a lei c'è solo l'azzurro del mare, i detriti trasportati dalla corrente e un incredibile York, rimasto vivo nonostante tutto. Ed è adesso che inizia davvero la storia di Ginevra, la donna dell'alta società milanese cresciuta negli agi e circondata dalla servitù, naufraga su un gommone di lusso in mezzo all'Oceano, trascinata dalle correnti verso l'isola di plastica. Quello di Ginevra non è, però, solamente un naufragio, ma un viaggio, un viaggio simbolico e metaforico, compiuto fisicamente, con il suo gommone, e sentimentalmente, con la sua anima. In questa deriva di degrado ambientale e umano, Terra e uomo sono avvinghiati insieme in un unico destino, in una lotta che è in realtà una simbiosi. Con una prosa scorrevole e avvincente, che costringe il lettore a restare incollato alle pagine, e con una protagonista da odiare e da amare insieme, ma che in fondo non è altro che lo specchio di noi stessi, questo romanzo ci costringe a guardarci allo specchio, a trovarci faccia a faccia con la superficialità affettiva e relazionale a cui il consumismo ci ha portato, la stessa superficialità che ha costruito le isole di plastica che galleggiano nell'Oceano Pacifico e che diventano ogni giorno più grandi.
Sin dalla prima pagina sono stata catturata dal personaggio di Ginevra, una donna così arrogante e altezzosa che a chiunque verrebbe naturale detestarla. Eppure, ero consapevole che nascondesse qualcosa. Nulla sembra scalfirla quando risponde con arroganza alla hostess o quando prende il sole sul gommone al largo delle coste giapponesi, mentre suo marito esplora il fondale marino. Un violento tsunami però sconvolge la vita della protagonista, lasciandola in balìa delle onde oceaniche, nel mezzo della disperazione e della solitudine. La sopravvivenza di Ginevra non è solamente fisica ma soprattutto di tipo interiore; compie infatti un percorso a ritroso nei meandri del suo passato, quando da piccina ricercava continuamente le attenzioni dei genitori. L’isola di plastica, scritto da Marco Sicari, è un romanzo che trae ispirazione dal filone letterario del viaggio, attingendo alle vicende di Gulliver ma anche al cinema, ricordando un abile Tom Hanks in Cast Away ma non solo. Questo romanzo aiuta a riflettere, a mio avviso, su un duplice aspetto; in primis sull’umanità che tanto si sente potente, in realtà estremamente fragile e in balìa della natura. Ulteriore riflessione è quella sullo sfruttamento delle risorse naturali che ci proietta nel baratro delle grandi conseguenze che potrebbero essere irrecuperabili se non si prendono delle decisioni per il bene del pianeta e dell’umanità. L’autore riesce a mixare tanti argomenti interessanti e costringe il lettore a riflettere. Grande abilità di scrittura, estremamente comunicativa e scorrevole, che invoglia a non smettere di leggere.
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