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«Separati dal conflitto ma uniti da legami di varia natura, cristiani e musulmani lanciavano gli uni agli altri sfide religiose e intellettuali. Cosa era in grado di comprendere l'una religione delle affermazioni dell'altra?»
Una complessa e delicata rete di relazioni e conflitti economici, diplomatici, commerciali e culturali lega il mondo cristiano occidentale alla «enigmatica e maestosa» civiltà islamica. Ma i rapporti si fissano in «visioni», ora banali ora sofisticate, e quasi sempre ideologiche. Quale fu allora in Europa la percezione dell'islam nel corso dei secoli? Quali immagini della religione e della società islamiche elaborarono nei secoli mercanti, viaggiatori, filosofi, teologi e missionari, fino ai moderni professionisti universitari «di area»? In questo breve saggio uno dei massimi specialisti della cultura araba ridisegna i confini del confronto e dello scontro, a partire dalla distorsione del pensiero religioso musulmano e della figura di Maometto nelle diatribe spirituali e nelle confutazioni teologiche d'epoca medievale. All'inizio dell'età moderna, la fine della sfida militare e l'avvio dell'espansionismo commerciale europeo indussero un aumento delle conoscenze e dell'interesse; nel 1587 un regolare insegnamento di arabo venne istituito al Collège de France, e cattedre di arabo sorsero a Leida, Cambridge e Oxford nella prima metà del XVII secolo, divenendo presto fulcri di un dibattito sullo «spirito del mondo» che aveva nell'islam il proprio interlocutore: un confronto che appassionerà filosofi e studiosi, da Kant a Maurice, da Carlyle a Stuart Mill, da Herder a Hegel e a Renan.La Rivoluzione francese accese una discussione - a tutt'oggi più rimossa che conclusa - sull'essenza stessa della religione e delle sue ricadute sociali. Si apriva un'epoca fervida di studi in cui proliferarono anche le immagini degli arabi quali «individui solitari e romantici», mentre Hegel accostava il successo delle origini dell'islam - il «trionfo dell'entusiasmo» - al suo coevo, presunto ritiro dalla scena della storia «nell'inerzia e nella tranquillità orientale».Se Ernest Renan fu forse la figura centrale nella formazione delle idee europee sull'islam, toccò ai linguisti e ai cultori di filologia comparata, nel corso del XIX secolo, il compito di contrastare le indistinte mitologie orientaleggianti, congiungendosi alla critica biblica e discutendo la dimensione «profetica» delle religioni monoteiste. Al contempo, l'atteggiamento di studiosi spiritualisti come Massignon, critici verso l'europeo «secolare furore di penetrare, conquistare, possedere», aprirà le porte allo studio della società islamica nel complesso delle sue articolazioni e differenze, alle più sofisticate e rispettose «visioni» dei mondi musulmani care agli antropologi sociali del XX secolo come Geertz e Gilsenan.
Una complessa e delicata rete di relazioni e conflitti economici, diplomatici, commerciali e culturali lega il mondo cristiano occidentale alla «enigmatica e maestosa» civiltà islamica. Ma i rapporti si fissano in «visioni», ora banali ora sofisticate, e quasi sempre ideologiche. Quale fu allora in Europa la percezione dell'islam nel corso dei secoli? Quali immagini della religione e della società islamiche elaborarono nei secoli mercanti, viaggiatori, filosofi, teologi e missionari, fino ai moderni professionisti universitari «di area»? In questo breve saggio uno dei massimi specialisti della cultura araba ridisegna i confini del confronto e dello scontro, a partire dalla distorsione del pensiero religioso musulmano e della figura di Maometto nelle diatribe spirituali e nelle confutazioni teologiche d'epoca medievale. All'inizio dell'età moderna, la fine della sfida militare e l'avvio dell'espansionismo commerciale europeo indussero un aumento delle conoscenze e dell'interesse; nel 1587 un regolare insegnamento di arabo venne istituito al Collège de France, e cattedre di arabo sorsero a Leida, Cambridge e Oxford nella prima metà del XVII secolo, divenendo presto fulcri di un dibattito sullo «spirito del mondo» che aveva nell'islam il proprio interlocutore: un confronto che appassionerà filosofi e studiosi, da Kant a Maurice, da Carlyle a Stuart Mill, da Herder a Hegel e a Renan.
La Rivoluzione francese accese una discussione - a tutt'oggi più rimossa che conclusa - sull'essenza stessa della religione e delle sue ricadute sociali. Si apriva un'epoca fervida di studi in cui proliferarono anche le immagini degli arabi quali «individui solitari e romantici», mentre Hegel accostava il successo delle origini dell'islam - il «trionfo dell'entusiasmo» - al suo coevo, presunto ritiro dalla scena della storia «nell'inerzia e nella tranquillità orientale».
Se Ernest Renan fu forse la figura centrale nella formazione delle idee europee sull'islam, toccò ai linguisti e ai cultori di filologia comparata, nel corso del XIX secolo, il compito di contrastare le indistinte mitologie orientaleggianti, congiungendosi alla critica biblica e discutendo la dimensione «profetica» delle religioni monoteiste. Al contempo, l'atteggiamento di studiosi spiritualisti come Massignon, critici verso l'europeo «secolare furore di penetrare, conquistare, possedere», aprirà le porte allo studio della società islamica nel complesso delle sue articolazioni e differenze, alle più sofisticate e rispettose «visioni» dei mondi musulmani care agli antropologi sociali del XX secolo come Geertz e Gilsenan.
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