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Scrivo per dire che sono davvero stupefatto. Sembrava che la poesia avesse perso la strada, ed ecco che ora la ritrova, la strada di casa, per così dire, la casa presso noi. Tutto sembra nuovo semplicemente perché è autentico, va a toccare le corde giuste, si accuccia in un angolo dentro di noi e di là le tocca, traendone ciò che esse hanno, e niente altro. Per fare un esempio: da molti anni ci eravamo disaffezionati alle metafore genetivali, che sono diventate assillanti, usate da tutti come passe-par-tout (per intenderci, patacche come "l'oro dei capelli", "la voce del silenzio" e simili). E ora scopriamo con piacere che in Della Porta esse hanno una potenza di scavo tutta nuova, e anche le più ardite sono sempre sostenute da un filo di pensiero chiaramente riconoscibile. Anche la poesia d'amore, che per tanto tempo ci ha propinato un diluvio di pallidezze e banalità, eccola ora qui che riprende il suo viso e l'incarnato suo proprio. Insomma, la poesia torna ad essere davvero uni-versale, nel senso che il cosmo intero vi si riversa, con tutti i suoi misteri e meraviglie, le terribilità e gli incanti, le incandescenze e le arsure. Della Porta vi prende i suoi materiali a piene mani e li mette in opera in una sorta di osmosi creativa, che la muta, mentre lei muta il cosmo, e in esso muta anche noi. Senza esagerazione, direi che questa è una tappa storica importante: da ora in poi, si può tornare a leggere poesia in spiaggia, dal barbiere, in metrò; si può tornare a fare alba leggendo versi, come una volta, quando si leggevano romanzi d'avventura e d'amore, magari a lume di candela, trascinati da un'ora all'altra dagli sviluppi della vicenda e dalla magia delle parole. La lettura di poesia torna ad essere piacevole ed avvincente, anzi torna a rispondere ad un bisogno profondo, ed ho il sospetto che, se Della Porta dovesse smettere, e non ci fosse nessuno in grado di sostituirla, se ne sentirebbe la mancanza.
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