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Anno edizione: 2016
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C’è una vitalità adolescienziale intatta in “Gli innocenti” di Reynoso, l’incompletezza e l’insicurezza, l’aggressività che non si è ancora scissa, e chissà se lo sarà mai, dalla sessualità montante.
Questi cinque racconti brevi hanno come protagonisti alcuni adolescenti inquieti o disperati, rabbiosi e privi di prospettive, che trascinano le loro giornate nelle strade assolate e sporche di Lima, sotto «un cielo pesante e ardente», oppure nei bordelli dei quartieri più malfamati, o nei bar a giocare a dadi e a biliardo. Si chiamano Faccia d'Angelo, Principe, Carambola, Rossetto, Ciambella, Corsaro, Cinese: nemmeno proprietari dei loro veri nomi, innocenti come tutti i ragazzi che si affacciano alla vita senza alcuna possibilità di riscatto, colpevoli di affrontare l'esistenza in maniera quasi animalesca, istintiva, spinti da una fame atavica di cibo, alcol, sesso, trasgressione. La «prosa poetica» di Reynoso, come viene definita dal prefatore Nucci, in bilico tra realismo e illuminazioni meditative, oggi non scandalizza più nessuno, anche se cinquant'anni fa aveva turbato le coscienze dei benpensanti; le avventure e le scazzottate dei protagonisti, le loro ribellioni verso gli adulti, i piccoli furti, gli accoppiamenti annaspanti non bruciano più nelle pagine che ormai ci paiono quasi innocue. Il credo dei questi ragazzi («Devi saper fumare, ber, giocare, rubare, marinare la scuola, cavar soldi ai froci e andare a puttane») risulta quasi patetico rispetto alle violenze esibite oggi da qualsiasi cronaca giornalistica. Rimane, in questa scrittura, il fascino delle descrizioni, ricche di odori, colori, sapori: fisicità, insomma. «Il vento, opaco e caldo, sollevava fogli di giornale ingialliti e sporchi. Il pomeriggio - lento, sudaticcio, pieno di suoni sordi e lontani - si svegliava bambino. La città reggeva il peso, selvaggio e violento, del sole»; «Sembra che i corpi siano coperti di miele e le camicie si appiccicano addosso, tiepide. L'odore acre e bruciante delle ascelle si mescola, con violenza, al vapore umido e dolce del prato. Furia. Voglia di mandare il papa a farsi fottere». Un Sudamerica lontano, chiuso in un'eternità immobile e astorica.
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