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Valentina Furlanetto racconta il volto nascosto della beneficenza, le ombre della solidarietà trasformata in business.
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Business is business. I più furbi hanno capito che anche e soprattutto nella carità si possono fare dei bei soldoni sulle spalle di chi invece crede di contribuire a fare del bene. Lo dice bene l'autrice, dopo 10 anni dalla prima edizione del libro, in realtà poco è cambiato. Grandi proclami, ma pochissima trasparenza e grande magna magna di chi sta ai vertici e in basso chi ci crede e non capisce, accecato dall'ideologia, di essere sfruttato. Nel mezzo le persone che donano, si privato anche di 1 euro per altri che non hanno nulla e hanno perso tutto, ma che non sanno che oltre il 60% finisce in marketing, affitti, auto e stipendi che non si vedono nemmeno (!) nel privato. Personalmente ho trovato il libro interessantissimo e utile per avere una visione critica, ma soprattutto gli strumenti per capire se vale la pena donare; come e dove cercare i bilanci (se li pubblicano visto che non esiste obbligo di legge!), quanto devono, o meglio, dovrebbero essere completi per capire come e dove vengono spesi i soldi che vengono donati per una causa. Posto che ovviamente ci vuole una "baracca" (locali = affitti, auto,ecc.) e una certa professionalizzazione per mandare avanti certi progetti, a mio avviso, visto che sono delle No profit (o almeno così dovrebbe essere) e si sostituiscono in maniera più o meno palese allo Stato, andrebbero plafonati per legge gli stipendi e i costi (perché delle auto di lusso e non una fiat?) derivanti dal mantenerla in piedi. Ma ci sono due temi che mi hanno atterrita. Vedere come alla ricerca e ai ricercatori per le malattie vadano veramente le briciole e quindi, giocoforza, la ricerca fatica ad avanzare. Il secondo tema è quello delle adozioni. Bambini strappati alle famiglie per portarli a studiare e invece resi magicamente orfani, con un età minore di quella dichiarata sui documenti,ecc. e quindi adottabili vedi Etiopia, Nepal.ecc. Assolutamente da leggere!
Recensioni
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