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Per più di un secolo gli storici si sono sforzati di comprendere come e in che misura la città di Venezia sia precipitata dalle altezze della supremazia commerciale all'insignificanza: infatti i destini economici di Venezia non crollano improvvisamente a causa di eventi esogeni, come invasioni o rivolte politiche. La Serenissima conobbe, naturalmente, pirateria, epidemie e guerre, ma, per gravi che fossero, non modificarono il corso del suo secolare procedere. Gli osservatori economici erano consapevoli che gli effetti della pirateria all'inizio del XVII secolo, dell'epidemia del 1630-31 e della lunga guerra di Candia (1654-69) erano transitori. Le loro relazioni prestano a questi problemi una breve attenzione, e si rivolgono a fatti più complessi e più reali per spiegare le difficoltà economiche: la concorrenza internazionale, la caduta della produttività, la diminuzione della domanda complessiva. In questo suo saggio l'A., professore di storia economica alla State University of New York at Stony Brook, ha scelto di incentrare l'attenzione sulla produzione, pur senza ignorare il consumo e il commercio. La risposta dell'industria alle condizioni avverse del mercato è la chiave per comprendere la lotta concorrenziale condotta da Venezia per la sopravvivenza. Lo studio esamina i fattori comuni a tutte le attività manifatturiere: offerta di forza-lavoro, investimento di capitale e tecnologia, domanda estera e influenza del governo sull'attività industriale. Un censimento su base statistica dell'occupazione costituisce la spina dorsale di questa indagine, perchè le reazioni di Venezia di fronte alle minacce portate al suo commercio si possono capire misurando i mutamenti nella distribuzione della forza lavoro. La capacità, comunque, di passare senza traumi e senza rilevanti spostamenti o durevole povertà, da un clima di crescita tumultuosa ad una condizione economica stazionaria fu la grande impresa realizzata da Venezia e dalla sua economia nel corso del XVII secolo.
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