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"Per amore" sembra essere il filo conduttore dell'opera: Niccolò che si uccide per amore, i due giovani che si scambiano lettere per amore, l'espressione 'per amore' usata come parola d'ordine. Gli scritti dei due giovani sembrano offrire la soluzione ad ogni rebus del libro: "Chi crede in Dio non ha fede"; "la parola 'vincolo' ha sempre fatto danni, nella storia di tutti e nella storia di ognuno"; "ci siamo lasciati per crescere nel nostro amore"; "lasciarci è la cosa migliore che potevamo immaginare, è il sintomo della maturità, conquistata dolorosamente e amorosamente...abbiamo capito che un amore, per esserci, per esistere, ha bisogno di un segno opposto".E molti sono i segni opposti nel testo: la scomparsa del professore, quella di Niccolò, quella della madre distrutta dal dolore. Il lasciarsi di Mara e Lud, il proletariato in via d'estinzione, l'"essere con te e contro di te" nelle "Ceneri di Gramsci". L'espressione 'per amore' che scaturisce dalla pera che bellinianamente muore nella grappa...ogni assenza diviene presenza. E tutto si conclude in via dell'Amore. "Lo scandalo del contraddirmi", la risposta nel Nastro di Mobius: le due facciate unite da un'unica linea, ininterrotta. Nel libro di Cerami sono sapientemente connesse varie discipline: filosofia,logica, fisica, antopologia, politica, letteratura, poesia, matematica, psicologia e con l'artificio dell'enigmistica la commistione trova senso.
straordinario. lo leggo con i miei studenti in classe: hanno riscoperto il gusto per la lettura.
Non sono d'accordo con il giudizio di molti lettori che mi hanno preceduto qui; Cerami è troppo esperto per cadere negli errori da principiante che i più, fra i commentatori, sembrano attribuirgli; penso e temo che ciò possa derivare dall'approccio sbagliato con questo romanzo, il cui più recondito (neanche tanto) scopo pare quello di cercare di rendere la difficoltà di trasmissione delle esperienze sociali, storiche ed anche personali, alle generazioni successive a quelle cresciute in Italia nel periodo ben individuato nel testo; il tutto dietro uno strumento tecnico (l'indovinello,l'enigmistica in genere) dal valore fortemente simbolico, in quanto criptico per antonomasia; e il messaggio finale è angosciante, terribile, se al termine del presunto gioco un giovane riesce a decifrare pienamente il messaggio criptato eppure non accetta di tradurlo quel messaggio, di farlo proprio, barattandolo addirittura per un'altra forte simbologia: una minima somma di denaro. A questo punto rileggete la definizione della politica che il ragazzo fornisce ben prima nel libro, sommate la trovata dell'anagramma dell'ultimo nome di scrittore che è evidente essere lo stesso Cerami (che risulta non necessario alla soluzione = manifesta denuncia di incapacità dell'autore di fare da "traduttore" nell'opera di comunicazione) e ritroviamo facilmente tutta la drammatica bellezza di un capolavoro come "Un borghese piccolo piccolo". Io voto il massimo.
Recensioni
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“Venditrice di violette,
esatto è mnemonica,
numeri sei e sette
traducila e mi trovi
in sei e sette ancora.”
Un preside di facoltà dell’Università La Sapienza di Roma è misteriosamente scomparso dopo una imprevedibile e inspiegabile aggressione verbale nei confronti del piccolo gruppo di docenti più giovani e a lui legati da rapporti professionali e personali da molti anni. Sandro Bulmisti, questo è il nome dello scomparso, era oltre che docente di estetica e critico letterario di fama internazionale, anche un appassionato enigmista, anzi lui stesso era creatore di sciarade, indovinelli, rebus, ecc. Considerato dai docenti del suo entourage un vero maestro fungeva anche da consigliere privato, quasi da confessore, capace com’era di accogliere le confidenze personali oltre che professionali. La casa di Bulmisti era anche la sede della redazione di una rivista di enigmistica, I torni contano, voluta dal professore e sopportata a malincuore, per puro rispetto, dal suo circolo di amici/colleghi. Nulla faceva pensare che una crisi di dimensioni così grandi stesse maturando, così come nessuno poteva supporre tanto livore nei confronti dei suoi più stretti collaboratori di cui, in quella drammatica serata, l’illustre docente aveva rivelato i vizi nascosti e le meschinità più squallide.
La polizia indaga, ma di Bulmisti non c’è proprio traccia: che si sia suicidato? ma perché non si ritrova il suo corpo? e quale era stata la sua vita di cui i bistrattati colleghi non sembrano conoscere nulla?
Scorre parallela a questa vicenda, la storia di Ludovico (Lud) e Mara: studenti milanesi, frequentano il primo anno d’università, si conoscono da sei anni e stanno insieme da due. Quando ci vengono presentati si trovano in vacanza in Giordania e hanno appena deciso (attraverso uno scambio epistolare) di continuare ad amarsi ma di non considerarsi legati da alcun tipo di vincolo. Lud, appassionato di enigmistica, si è portato in vacanza una piccola rivista, I torni contano, acquistata per tre euro in una libreria romana prima della partenza e, scorrendola, si lascia incuriosire, anzi è immediatamente (e fatalmente) attratto da un lungo indovinello intitolato Chi cerca trova, firmato con lo pseudonimo Il nastro di Möbius. Il lettore intuisce subito che quell’indovinello è strettamente connesso alla sparizione del suo autore (sappiamo infatti che Bulmisti si firmava nella rivista come Il nastro di Möbius) e che il premio per chi “cerca” non può che essere il ritrovamento dello stesso scomparso.
A questo punto le due vicende iniziano ad intrecciarsi: da una parte le indagini della polizia e i relativi interrogatori che rivelano sempre maggiori particolari di quella terribile “serata della verità”, dall’altra l’appassionante caccia al tesoro che porta Lud a scervellarsi e a passare da Roma a Parigi, ad abbandonare praticamente gli studi e a venire a conoscere importanti e dolorosi momenti della vita del professore, ignoti ai suoi egoisti e superficiali colleghi. A un certo punto, già molto avanzato, dello scioglimento dell’indovinello, entra in gioco un personaggio particolare: si chiama Vincenzo Cerami, fa lo scrittore, è amico di Bulmisti e, a sua insaputa, gli è stato affidato dal professore un ruolo nello scioglimento dell’enigma. L’autore Cerami non è molto tenero nei confronti dello svagato personaggio Cerami, ma gli concede un “cammeo” davvero delizioso che di sicuro diverte il lettore.
Non è assolutamente corretto raccontare di più, il bello (ed è davvero bello) di questa storia è il coinvolgimento quasi malato che provoca in chi legge: è praticamente impossibile staccarsi dal libro, il lettore diventa attore e si appassiona all’indovinello, entusiasmandosi se trova una soluzione prima del personaggio (parlo per esperienza personale!). La difficoltà dell’indovinello varia, a volte è bassa, a volte è molto alta, in ogni caso è tesa a non deprimere l’investigatore ma a portarlo, tra conferme e delusioni, alla soluzione finale anche se questa è quasi scontata (mentre non lo è la simpatica, irriverente reazione del “vincitore”).
A cura di Wuz.it
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