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Anno edizione: 2015
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In "Incontri e agguati", ottavo sigillo di un percorso artistico pluridecennale impervio e rettilineo, fecondo e straripante, Milo De Angelis (poeticamente parlando) si apre agli altri, specialmente nella prima sezione, come non si era aperto fino ad ora, traghettando lacerti e spezzoni della propria vita, ma anche della nostra, da una costa del libro a un’altra; tracciando una linea telescopica a congiungere l’inchiostro della penna di chi scrive, quindi l’autore, con il sudore emotivo nelle dita di chi legge, cioè il pubblico. La prima sezione, dal titolo "Guerra di trincea", sembra contenere dentro di sé diciannove pedine della stessa scacchiera, separate l’una dall’altra ma concentrate in pochi metri quadrati di respiro versificatorio. Se in "Guerra di trincea" i due protagonisti indiscussi, in un rapporto serrato e sfiancante, sono l’io lirico e la morte, in "Incontri e agguati", seconda sezione eponima, invece, predomina più un lieto e inaspettato alternarsi di ritrovamenti e di schiarite fra l’io lirico e l’Altro, massimo punto di contatto esperienziale volto a lenire l’inarrestabile incedere della finitudine terrestre. Con "Alta sorveglianza", la terza sezione di "Incontri e agguati", il lettore viene catapultato nel ristretto e poco conosciuto (pubblicamente) mondo del carcere, precisamente in una storia reale macchiata da delitto efferato verso una giovane donna e ricostruita per nitidi frammenti, incastri residuali di dialoghi a più voci e monologhi interiori che esteriorizzano, quasi volendolo esorcizzare, un peccato mortale che rimbomba dentro di sé come perpetuo rimorso. Professore e detenuto fagocitano versi per un poemetto di ventiquattro silenti lezioni numerate: cammino inesorabile verso una cruda forma di verità diventata, in maniera spiazzante, poesia.
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