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I giorni in cui si svolge il romanzo di Marco Forti sono quelli del sequestro e della morte di Moro, emblema di un mondo minacciato e stravolto. Per il protagonista, che parte per una breve vacanza con la moglie, sono anche i giorni di un tentativo di trovare le proprie radici e quindi un senso e un significato della propria realtà. Il luogo è una Versilia fuori stagione, in cui si alternano passato e presente, spiaggia ed entroterra, stagioni e persone, momenti e situazioni che sembrano fungere da talismani e da catalizzatori. Un percorso nel tempo, accanto a una moglie interlocutrice e disponibile che restituisce a questa vacanza una dimensione più immediata e concretamente reale. Alla fine sarà lei a sciogliere il nodo del racconto in un rapporto vitale e quotidiano.
recensione di Giudici, G., L'Indice 1986, n. 7
Vi sono narrazioni che sconfinano nel saggio; e saggi, per converso, che sconfinano nella narrazione. Detto altrimenti: ciascuno dei primi termini può trovarsi a fungere, per il secondo, da pretesto, occasione o (siamo moderni.!) rampa di lancio.Poi che mi trovo a riferire di un libro come "In Versilia e nel tempo", dovuto al felice estro inventivo di un critico tra i più credibili e sensibili quale è appunto Marco Forti, la mia premessa sembrerebbe sfiorare la perigliosa cunetta del luogo comune. E invece no: perché, come ben suggerisce il titolo, il racconto di Forti convoglia motivi d'interesse che vanno parecchio al di là della linearissima storia raccontata con affabile scrittura e del deliberato contrappunto proustiano che la sorregge; e anche al di là, aggiungerei, del non dissimulato (ma spesso anche abilmente "re-inventato") autobiografismo dei materiali.
II protagonista-narrante che, in compagnia della sua anche troppo equilibrata e rassicurante consorte, cerca in un "posto di vacanza" di anni lontani, segnati da una labile serenità o felicità pur sull'orlo di una mondiale catastrofe, una tregua allo stress del suo frustrante lavoro di giornalista culturale e allo sgomento di un momento drammatico (il caso Moro) della vita pubblica, si trova qui a vivere quasi "a nervi scoperti" una sorta di speculare contrappunto, pubblico e insieme privato, tra un dorato, nostalgico e crudamente cancellato "prima" e un melanconico "adesso", dove il solo spiraglio di relativa serenità è dato dai tranquilli rituali di coppia (fra casti connubii e forse un po' improbabili ristoranti che ti illudono di mangiar bene e a poco prezzo). Dicevo che l'occasione di questo libro di Forti è giustamente da collocarsi, secondo la lettera del titolo, in una gradevole e non del tutto ingaglioffita Versilia fuori stagione; ma la sua sostanza, anche poetica, non può invece non essere intesa nel tempo, alla cui tematica rimandano non tanto le continue madeleine, oggetti e luoghi delle quali è popolato il racconto, ma specialmente e suggestivamente il commosso altalenare del sentimento del protagonista fra la melanconia dall'avaro domani che segna il suo nevrotico presente (e il nevrotico presente di noi lettori) e la gioiosa solarità di anni infantili o giovanili che oggetti e luoghi sembrano continuamente rievocare e quasi rimaterializzare solo per renderne più struggente la sparizione, più acre il rimpianto. Non mi soffermerò quanto forse vorrei su quella festa di compleanno celebrata alla buona su una spiaggia decisamente d'anteguerra, in un clima di agiato decoro ben distante e diverso dalla volgarità vacanziera e quattrinaia di certi riti d'oggidì: quelle "larve chiare" (per parafrasare una grande immagine del poeta Sereni) che "ridono" là dove furono per il narrante Giovanni persone care e scomparse, nella tragedia del mondo e nel crollo di un ceto, aggiungono alla rievocazione di Forti una nuova dimensione e uno spessore in più: una dimensione e uno spessore anche da storia sociale e politica, quali nella riflessione e nell'immaginativa di un Forti saggista, e in particolare esegeta montaliano, non potevano mancare; come non mancano, appunto, in questa sua "Die Welt von gestern" attraverso gli occhi di oggi.
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