“Sarebbe bene produrre una canzone di gesta intrisa di misfatti e crudeltà che avesse come protagonisti quegli stessi nobili signori, cavalieri senza macchia e gentil dame che vengono tanto decantati.” Queste le parole di Refael, ebreo siciliano che della nobiltà ha visto il volto peggiore. E d’altronde Refael una storia di misfatti e crudeltà ad opera di nobili signori la conosce già: è la storia di Roberto Rossavilla e della sua ascesa… la storia di un mondo, quello della prima metà del XV secolo, in cui la consacrazione del baronato come classe dominante del Regno ha pieno adempimento. Circondato dal terribile scenario di una strage appena compiuta, Refael dà sfogo alle sue considerazioni, intraprendendo una narrazione che non risparmia gli aspetti più scabrosi della società del suo tempo. In particolare si concentra su uno dei fatti più emblematici di quell’epoca, il cosiddetto “caso di Sciacca”, una lunga e sanguinosa faida che per la sua gravità scioccò persino re, papi e imperatori. Tutto ha inizio quando don Giovanni Perollo chiede a Roberto Rossavilla di uccidere il suo nemico, Artale Luna… e di farlo senza destar sospetto. Tutto ha inizio quando Roberto riesce nell’impresa… Questi sono anche gli anni in cui Alfonso d’Aragona, sovrano guerriero e mecenate, porta a termine la conquista di Napoli, facendo della città partenopea e della sua corte uno dei centri dell’umanesimo italiano. Guerre e arte hanno però un costo notevole, tanto elevato che Alfonso si vede costretto a vendere le sue stesse prerogative ai baroni che possono permettersele. Nella nobiltà siciliana, nei suoi atteggiamenti e nelle circostanze che la portano ad essere padrona incontrastata, Refael riesce a cogliere l’esistenza di qualcosa che non è ancora in grado di definire con una specifica parola, ma che secoli più avanti sarà conosciuta come “Mafia”. )
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