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Il contenuto di questo libro mette in luce la verità sulla globalizzazione a tutti i livelli sia economico sia politico e sia religioso
Recensioni
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L'autore non ama il termine "globalizzazione". Il saggio può anzi essere visto anche come proposta di ripulitura del lessico politico-economico corrente. Il clou del libro, al di là di un affastellamento non sempre utile di temi e di digressioni, è infatti il capitolo finale sulla Problematica della globalizzazione. Premesso che "il punto in discussione non è l'esistenza di un'economia mondiale", ma consiste nei caratteri che le vengono attribuiti, Nobile respinge l'idea di un processo di convergenza universale di economie nazionali, che dà luogo a idola quali modernizzazione, pensiero unico, impero e, appunto, globalizzazione, nascondendo i drammi reali della cosiddetta "svolta epocale" e sottovalutando le polemiche interne agli stessi alti livelli della Banca mondiale e del Fmi. In discussione non sono dunque solo le politiche che Stiglitz ha avuto il merito di denunciare, ma una serie di problemi che l'autore mette in chiaro, interrogando la volgata quietista e storicista della globalizzazione; la quale dice di grandi concentrazioni oligopolistiche disancorate da stati sempre più evanescenti; di un nomadismo transnazionale dei grandi flussi finanziari; di capacità creative della tecnologia e del mercato, oltre che della finanza stessa; di obsolescenza e sparizione dal quadro sociale del lavoro salariato e dei contrasti di classe. Proprio su questo punto si contrappone alla globalizzazione il concetto di imperialismo, non come deus ex machina, ma in quanto espressivo di un "modo d'essere del capitalismo su scala mondiale, totalità complessa e multidimensionale articolata su diverse scale spaziali e temporali"; e socialmente pregno di rovesciamenti e alternative possibili. Non è infatti affidato a un percorso sicuro un sistema che ha in sé lo "sviluppo ineguale e combinato". Luigi Cortesi
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