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Un libro eccellente. Realista senza essere cinico. Gambino dimostra, dati alla mano, come i diritti umani, dopo la caduta del comunismo, siano diventati il criterio di legittimazione ideologica dell’egemonia americana (della quale si è occupato anche nel suo libro successivo). Questo implica una contraddizione insanabile per quanto riguarda l’uso della forza, che inevitabilmente finisce con l’essere non selettiva, colpendo proprio quelle persone che dovrebbe difendere (un po’ come se un’ambulanza, per prestare soccorso a qualcuno, investisse qualcun altro e pretendesse pure l’impunità). I diritti umani, invece, per poter essere citati in maniera non manipolativa, debbono rimanere un criterio meta-giuridico, gestito fondamentalmente all’interno dei singoli paesi. Se poi si decide di intervenire in questa o quell’altra area di crisi, lo si faccia per un’assunzione personale di responsabilità, senza pretendere un’insostenibile legittimazione giuridica. Segnalo un’imprecisione a pag. 111, dove si parla della funivia del Cermis "precipitata con i suoi cinquanta passeggeri". I morti in realtà furono venti. Preoccupante il confronto fra l’impatto mediatico della pulizia etnica in Bosnia e in Guatemala, così come il caso Alvarez-Machain (prelevato a forza dal Messico, nonostante gli Usa avessero con questo paese un regolare trattato di estradizione). Da leggere assolutamente, sperando che apra gli occhi anche a quei sedicenti progressisti che, con le loro buone intenzioni, finiscono per far rimpiangere i vecchi conservatori “realpolitici”.
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