“Con Rimbaud la poesia ha cessato di essere un genere letterario, una competizione. Prima di lui Eraclito e un pittore, Georges de La Tour, avevano costruito e mostrato quale Casa fra tutte l’uomo dovesse abitare: al tempo stesso dimora per l’ispirazione e per la meditazione. Baudelaire è il genio più umano di tutta la civiltà cristiana. Il suo canto la incarna nella sua propria coscienza, gloria, rimorso, maledizione, nell’istante della sua propria decollazione, detestazione, apocalisse. «I poeti», scrive Hölderlin, «si rivelano per lo più all’inizio o alla fine di un’età. È cantando che i popoli abbandonano il cielo della loro infanzia per entrare nella vita attiva, nel regno della civiltà. È cantando che essi ritornano alla vita primitiva. L’arte è la transizione dalla natura alla civiltà, e dalla civiltà alla natura». Rimbaud è il primo poeta di una civiltà non ancora comparsa, civiltà i cui orizzonti e le cui pareti non sono che fuochi di paglia. Parafrasando Maurice Blanchot, siamo di fronte a una esperienza della totalità, fondata sul futuro, espiata nel presente, la quale non ha altra autorità che la propria.” (Dallo scritto di René Char))
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