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Tema forse l’identità (o il senso della vita, che è lo stesso),e discorso che gioca sui mezzi toni.Quindi vi si respira aria di primo ‘900: di Musil (le sinuosità psicologiche di un Törless, il protagonista Uomo senza qualità),Mann (l’aristocrazia tedesca,la guerra incipiente, la funesta vicenda omosessuale de La morte a Venezia) e un po’ di Freud;ma con sobrietà e capacità di sintesi moderne. Forse c’è persino il nostro Svevo di Senilità e di Una vita. Anche lo stile sembra a volte un ghiotto frutto fuori stagione:v. le metafore, talora dotate di sottile ironia (altra novità rispetto ai modelli),e l’uso della “parola giusta”, più sintetica. Quell'esprit insomma che lungo almeno due terzi del libro ne costituisce il vero fascino. Splendida la pagina sulla scoperta del mare e insieme della sessualità;belli molti altri passi: “quando da giovane aveva barattato le verità della chiesa con il mondo dei fatti, il suo senso pratico non se ne era sbarazzato, ma le aveva relegate nella soffitta della sua anima, come una potenziale assicurazione sulla vita di cui comunque non doveva più pagare il premio”. Di nuovo c’è anche un soprano ma sobrio uso della “reticenza", novità vs autori mitteleuropei citati; e così la storia evolve, creando e svelando piccoli,nuovi misteri.Via via s’infittisce anche l’uso della “analogia”, altra figura retorica decadente.Nella seconda metà del libro emerge più forte un altro tema mitteleuropeo (v. Roth):il senso della fine di un’epoca, qui rappresentata nel contrasto fra mondo dell’aristocrazia, in decadenza,e mondo della borghesia,una borghesia materialistica e invidiosa che morde il freno. Finale “coraggioso” (e forse troppo lungo,visto che la storia ha raggiunto il suo acme 25 pp. prima),privo di concessioni a toni tragici o melodrammatici,fatti echeggiare per un attimo alludendo a una possibile morte per una assai nietzschiana sifilide e a quella,folle e inutile anziché nobile,sul campo di battaglia. Qualcosa di simile ci sarà,ma più grigio e narrato con freddezza e distanza spiazzanti.
Le vicende narrate in questo breve romanzo si iscrivono in un clima socio-politico-filosofico analogo all'humus nel quale Thomas Mann dipinge l'ascesa alla Montagna Incantata di Hans Castorp; l'Europa prebellica dei grandi imperi centrali, della scoperta dell'Es e del Tramonto dell'Occidente, di Heisenberg e di Wittgenstein. Il protagonista, un evidente derivato dell'Ulrich "senza qualità" di Musil, è un aristocratico ricercatore idrografo che anela a "infilzare" (come suo padre con le sue farfalle) il mare ed il suo moto ondoso nella fissità di una norma. Imbarcatosi per la sudamericana Valparaiso (la Valle del Paradiso) più per fuggire la terraferma e le sue immutabili convenzioni, si trova impaniato tra i suoi occasionali compagni di viaggio: l'allegoria dell'Uomo Nuovo, fattuale e pragmatico (il triestino Moser), le chimere dell'intellettualità necrofila (il professor Totleben) e le sirene dell'Eros più corrompente (Asta Maris). Il viaggio si conclude con una agnizione della vanità della vita, un cupio dissolvi seguito con ammirevole artificio letterario dall'autore sino alla morte, narrata per terza persona, del protagonista. Purtroppo le pretese sottese all'ordito concettuale del libro non si concretano in una scrittura vasta ed avvolgente; gli spunti d'ingegno baluginano limpidi tra i "marosi" ma sono soverchiati da una conduzione narrativa che abusa del frammento e del minuetto e che talora indulge in descrizioni di maniera. In conclusione un testo che sì riecheggia la irripetibile stagione narrativa dei romanzi di formazione novecenteschi mitteleuropei ma che, per la sua brevità intrinseca, la nazionalità dell'autore (il pragmatismo nederlandese) e la sua ineludibile contemporaneità non ne rinnova l'afflato.
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