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Un gioco di specchi in cui traumi e dolori si riflettono e si scontrano. Daniela Rispoli scrive un thriller ricco di colpi di scena, che termina con un finale mozzafiato. Incastri perfetti che inchiodano il lettore alle pagine; una prosa incisiva, arricchita da punti di vista contrastanti. Queste le peculiarità di Identità bruciate.
Protagoniste di questo romanzo due sorelle gemelle, Elena e Giulia. La prima lavora in polizia, la seconda è una “animatrice notturna”. Proprio quest’ultima rimane vittima di un omicidio. Un assassinio macabro, eseguito con ferocia. Il killer ha usato un cannello per torturare fino alla morte la sua preda.
Ma cosa si nasconde nella vita di Giulia e, soprattutto, perché tanta crudeltà? Infatti, quando viene ritrovato, il corpo della giovane è irriconoscibile. I suoi tratti somatici sono stati bruciati. È come se il killer avesse voluto cancellarne l’identità; modalità, usata anche per gli altri omicidi. A far da cornice a questo thriller, una Bologna che in alcuni frangenti ricorda la New York di American Psycho. C’è molto del romanzo di Bret Easton Ellis, ma questo non è un punto a sfavore per l’autrice, che, al contrario, ha scritto un’opera originale.
Partiamo proprio dal fatto che i thriller si somigliano tutti, il genere è da anni in crisi. Pertanto, riuscire a trovare un libro con un pizzico di originalità è un miracolo e, in questo caso, posso dire che il miracolo si è compiuto. I motivi? In primo luogo, l’uso di un io narrante che dà al lettore la possibilità di venire a contatto con profili psicologici diversi. In secondo luogo, la complessa architettura del romanzo, incentrata tanto sugli aspetti macabri, quanto sul delineare perfettamente il labile confine che separa il bene dal male.
Insomma, il libro della Rispoli non solo cattura l’attenzione del lettore, ma riesce a farlo penetrare in una serie di elucubrazioni mentali degne del miglior Dürrenmatt. Ma c’è anche un terzo aspetto da tenere in considerazione, Elena e Giulia sono sorelle gemelle, separatesi dopo il divorzio dei genitori, ritrovatesi quando la vita le ha rese quasi due sconosciute; pertanto, devono riappropriarsi delle loro identità.
Ma cosa c’entra tutto questo con un killer che ama sfigurare le sue prede con un cannello? Con questa domanda, auguro a tutti, buona lettura.
Recensione di Martino Ciano
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