Le tragedie del comunismo hanno offuscato il senso del socialismo e il benessere del capitalismo ha allontanato dalle nostre immaginazioni le sue promesse. Honneth ritorna alle idee del socialismo, offrendocene una rilettura chiara, potente, attuale.
L’idea di socialismo sembrava aver fatto il suo tempo. Certo, aveva nutrito l’Ottocento e buona parte del Novecento. Aveva portato a lotte eroiche per i diritti e grandi conquiste sociali. Ma le sue speranze erano state offuscate dalle tragedie del comunismo sovietico. E più tardi erano state surclassate dalla lunga stagione del capitalismo realizzato. Le sue speranze erano diventate improvvisamente superflue. La felicità di ciascuno era a portata di mano. Perché mai preoccuparsi della felicità di tutti? Lo scenario del capitalismo contemporaneo ci ha bruscamente risvegliati dal sogno. La realtà del mondo neoliberista è fatta di stridente disuguaglianza economica, sfacciato sfruttamento del lavoro, illimitata precarizzazione delle esistenze. E così, a polarizzare il vissuto del singolo e i progetti di una politica che tra mille incertezze tenta di riprendere la parola, non sono più il desiderio di ricchezza, la chimera della crescita illimitata, il mito della realizzazione individuale. Sono piuttosto i nuovi bisogni di giustizia, uguaglianza, condivisione. Bisogni che avevamo disimparato ad avvertire. Persino a nominare. Per questo Axel Honneth, uno dei maggiori filosofi contemporanei, pensa che sia indispensabile ritornare all’idea di socialismo. Honneth vuole liberare quell’idea dai suoi retaggi ottocenteschi. Vuole sgravarla dalla mitologia di una Storia che procede con passo sicuro verso l’uguaglianza. Vuole riconciliarla con una realtà di mercato che potrebbe offrire inedite possibilità di emancipazione. Ma soprattutto, vuole riportarla al suo nocciolo più antico e più urgente, quello della libertà che si realizza senza cancellare l’appartenenza, quello dell’individuo che è capace di riconoscere i bisogni dei suoi compagni di strada. In una parola, socialismo significa, per Honneth, libertà sociale. Cioè solidarietà.
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