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Il più accorato omaggio alla figura del compositore e arrangiatore Billy Strayhorn viene direttamente dall'uomo che gli deve più di quanto non abbia mai ammesso: Duke Ellington realizza, a detta di molti, una delle migliori registrazioni degli anni '60 e, come hanno testimoniato esperti e musicisti, dopo la dipartita del suo braccio destro, il Duca non sarà più lo stesso e la sua orchestra ne risentirà non poco negli anni a venire. Nonostante la tragica circostanza, Ellington e i suoi fedelissimi recuperano tutta la grande eredità di Strayhorn nella forma migliore, in una successione di brani struggenti e malinconici e altri vivaci e irresistibili. In primo piano la maestria assoluta di Johnny Hodges (su tutte "Day Dream" e la toccante "Blood Count", scritta da Strayhorn sul letto d'ospedale) e di Cootie Williams ("Charpoy"). Efficaci l'esecuzione di un'orchestra matura e navigata, come gli arrangiamenti, che sul finale lasciano spazio a una vera gemma: al termine di una sessione di registrazione, Ellington si siede al piano e suona "Lotus Blossom", mentre i musicisti smontano i loro strumenti e scambiano quattro parole. Vincitore di un Grammy Award, se questo album (qui una versione corredata da alcune takes alternative) non può mancare nella collezione di un ellingtoniano doc, è indispensabile per conoscere l'arte dell'arrangiamento per orchestra jazz e, soprattutto, comprendere il talento immenso e, troppo spesso ignorato dagli applausi della ribalta, del piccolo-grande genio del Jazz, Billy Strayhorn.
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