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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2024
Anno edizione: 2024
Commenti sessisti, insulti razzisti, attacchi omofobici: le parole possono essere scagliate contro gli altri per deriderli, ferirli, umiliarli, e ancor più per rinchiuderli in ruoli e posizioni di inferiorità. Le parole possono essere potenti strumenti di oppressione, pesanti come pietre.
Chi parla, soprattutto se da posizioni di autorità o in contesti istituzionali, ha una pesante responsabilità: ciò che diciamo cambia i limiti di ciò che può essere detto, sposta un po' più in là i confini di ciò che viene considerato normale, assodato, legittimo. E cambiare i limiti di ciò che può essere detto cambia allo stesso tempo i limiti di ciò che può essere fatto: ci abituiamo a una mancanza di attenzione e vigilanza sulle parole, che rende più accettabile la mancanza di vigilanza sulle azioni. Il silenzio, l'indifferenza o la superficialità con cui spesso accogliamo gli usi offensivi di altri corrono il rischio di trasformarsi in consenso, approvazione, legittimazione - e muta noi in complici e conniventi. Così il libro indaga una delle declinazioni più interessanti del tema della violenza: quello che è diventato comune chiamare hate speech ('linguaggio d'odio' o 'discorso d'odio'). Con questo termine si indicano espressioni e frasi che comunicano derisione, disprezzo e ostilità verso gruppi sociali e verso individui in virtù della loro mera appartenenza a un gruppo; le categorie bersaglio dei discorsi d'odio vengono identificate sulla base di tratti sociali come etnia, religione, genere, orientamento sessuale, (dis)abilità. Lo hate speech raccoglie usi discorsivi estremamente vari: dalla propaganda nazista alle leggi sull'apartheid, dal discorso ideologico di certe formazioni politiche fino agli esempi quotidiani di linguaggio d'odio divenuti ormai tristemente frequenti. Un tema diventato ancor più d'attualità con il diffondersi dei nuovi media: commenti sessisti, insulti razzisti e attacchi omofobici hanno trovato un ambiente ideale per esprimersi online, dove spesso mancano mediazioni, filtri o (auto)censure.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In questo libro di grande interesse e attualità Claudia Bianchi ci accompagna a scoprire le teorie di Austin e le sue applicazioni più recenti allo scottante tema del linguaggio d'odio. L'intento del libro è fornire una base teorica e filosofica solida utile a smascherare e contrastare le ingiustizie che avvengono nel parlare. Di tali distorsioni e usi iniqui talvolta non ci rendiamo conto, a causa di uno sfondo sociale e culturale che li legittima in forza di pregiudizi e credenze strutturali. Tuttavia i sempre più rapidi cambiamenti nella società ci stanno rendendo più sensibili a rivedere le espressioni che usiamo quotidianamente o che lasciamo correre anche se non approviamo del tutto. L'uso di un certo tipo di linguaggio sui social è oggi un'emergenza. Il volume tratta nello specifico un certo tipo di pornografia - esaminandola come atto linguistico che sancisce la subordinazione delle donne e le riduce al silenzio - e gli epiteti denigratori - espressione offensive rivolte contro gruppi minoritari percepiti come diversi e spaventosi. Tali fenomeni si basano su una struttura sociale e culturale non sana (anche se il testo non si sofferma su questo, che è un tema che esula dalla linguistica). L'ultimo capitolo è un invito a prendere posizione, perché il silenzio è complicità e legittimazione, ma anche a prendere coscienza che noi per primi, se siamo in una posizione di privilegio, abbiamo bisogno di prenderci cura del nostro linguaggio e delle nostre pratiche quotidiane.
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