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scheda di Artifoni, E., L'Indice 1992, n. 9
È una raccolta di saggi che può essere letta in collegamento con l'opera di maggiore impegno di Cardini, il volume "Alle radici della cavalleria medievale" (La Nuova Italia, 1981). Di quest'ultimo condivide un'idea di medioevo come società "polemocratica" (una società, spiega l'autore, "organizzata per la guerra e sulla guerra"), nella quale la figura del cavaliere si impone per superiorità di status, per efficacia militare, per l'oscuro intreccio di paura e di venerazione tradizionalmente connesse con il combattente a cavallo. Ma lo spostamento in avanti della cronologia ridisegna in parte le procedure della ricerca. Se prosegue il richiamo alla dimensione iniziatica dei gruppi guerrieri, alla "linea lunga" della funzione militare nelle società indoeuropee, al rapporto fra coesione interna e aggressività verso l'esterno (e gli autori correlati: tra gli altro Otto Hofler, Dumézil, Carl Schmitt), la raccolta trova la sua fisionomia nel riferimento ai problemi comuni (politico-sociali, ma anche culturali) dell'area postcarolingia. L'oggetto principale dei saggi è il costituirsi del ceto dei milites tra la fine del secolo X e l'inizio del successivo: quando l'antica linea di displuvio fra liberi armati e schiavi inermi si trasformò, ovunque nell'Europa ridotta a mosaico signorile, in un più variabile discrimine fra chi era in grado di proteggere e chi aveva bisogno di protezione. Di qui la nascita di uno strato di professionisti della guerra a cavallo, complemento militare del regime signorile, al tempo stesso strumenti di funzionamento di quell'ordine e focolai di disordine. Di questa dinamica Cardini esamina alcuni punti cruciali, spingendosi volentieri fino al tardo medioevo e oltre. Tra questi: le paci di Dio, momento strategico nell'imposizione di un'etica cristiana al ceto guerriero; l'enigmatico significato dell'addobbamento, in cui le memorie iniziatiche si coniugano con i tentativi di istituzionalizzazione della cavalleria; la ritualizzazione della guerra operata nella civiltà del torneo; la funzionalità dei grandi cicli cavallereschi arturiano-graaliano e carolingio alla costruzione del potere monarchico dei Plantageneti e dei Capetingi: l'aventure e la queste come contrassegni dello spazio letterario in cui la cultura del secolo XII rielabora l'esperienza cavalleresca.
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