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Dettagli

2022
7 aprile 2022
752 p., Brossura
9788829713721

Descrizione

«La magistratura debordò e si attribuì un ruolo, l'informazione debordò e se ne attribuì un altro, e l'opinione pubblica debordò di conseguenza, ma si raccontò che aveva soltanto un ruolo da vittima.» A distanza di tre decenni fatichiamo ancora a inquadrare Mani pulite e in che misura abbia creato l'incerto presente politico che viviamo. Se è vero che, come scrive Filippo Facci, «non aveva mai attecchito un vero senso dello Stato, e tantomeno una disposizione a scandalizzarsi per condotte poco etiche», da che cosa ebbe origine il clamore intorno a un'indagine che, in apparenza partita da un comune caso di corruzione, ha cambiato per sempre l'immaginario della nazione? All'epoca giovane cronista, l'autore ha seguito le tracce e le crepe prodotte da quel terremoto, scavando nelle versioni improbabili – la favola del magistrato onesto che smaschera i corrotti, l'epurazione delle mele marce – e in altre non meno improbabili e complottiste legate a scenari internazionali. Da quel lavoro emergono oggi risvolti inaspettati che si ricollegano a eventi e fenomeni vicini e lontani, tra cui il maxiprocesso di Palermo, che avrebbe dovuto essere salutato come la vera svolta e invece venne attaccato da più parti, e il bombardamento mediatico, con giornali e talk show impegnati a tenere vivo il clima emergenziale, spianando la strada all'antipolitica. Tra protagonisti e comprimari, reazioni a caldo e insospettabili derive, rimuovendo ogni patina di ipocrisia, Facci restituisce un impietoso ritratto del paese che siamo stati e che forse siamo ancora, spingendo a domandarci: è giunto il momento di ammettere, con il procuratore capo Borrelli, che «non valeva la pena buttare all'aria il mondo precedente per cascare in quello attuale»?

Valutazioni e recensioni

5/5
Recensioni: 4/5
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Recensioni: 5/5

Dirò poche cose su questo bel libro di Facci. La prima è che ho trovato finalmente una ricostruzione di questi anni cruciali documentata e ben distante dalle rappresentazione distorte da non meglio definite ideologie. La seconda è il livello eccellente di documentazione, propria di un giornalismo professionalmente solido. La terza è che Facci scrive davvero bene.

Recensioni: 5/5

Il titolo farebbe pensare a un testo annalistico su ciascuno dei trent’anni che ci separano del 1992: la ricostruzione invece si esaurisce al 1994 (nulla sulla parabola politica di Di Pietro, ad esempio), e dopo riflessioni di tipo sociale, politico, giudiziario ed economico sulle conseguenze di quel trienno. Il carattere fuorviante del titolo esaurisce gli aspetti negativi del libro, costruito su un duplice registro (i paragrafi del secondo in corsivo): a quello degli eventi non solo milanesi ma anche siciliani (leggi: mafia e antimafia) e romani, le connessioni tra i quali sembrano sempre meno rapsodiche, Facci interseca quello della propria crescita personale e professionale, da giovane cronista disprezzato dai colleghi, a giornalista (straordinariamente gustoso e significativo il racconto dell’esame orale di giornalismo), a uomo nei suoi rapporti con colleghi, donne (una in particolare) e il padre. Ciascuno colpisce una corda differente, e a fondo. Facci non trascrive, come altri, avvisi di garanzia prendendoli per oro colato ma li sottopone al suo personalissimo e non avventizio spirito critico: li colloca nel momento in cui sono stati prodotti, con un prima e un dopo riscontrabili, nel contesto storico e biografico di ogni protagonista, comprendendone così il testo esplicito e quello implicito. Chi come me abbia vissuto quegli anni percependo già con orrore l'evidente sovvertimento di principi costituzionali elementari (lo sconcerto per magistrati che convocano telecamere per leggere alla nazione un comunicato onde bloccare un provvedimento legislativo è indimenticabile), realizza qui con desolazione l'abdicazione del giornalismo anche più attento dell'epoca ai voleri della piazza: nessuno (tranne rare eccezioni, quorum Facci, derise e insultate) che osasse proporre anche solo in via dubitativa un ragionamento di minimo spessore civile: a riprova del vero valore del giornalismo italiano (come nota Montanelli, in quarta di copertina). Notevole.