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Il titolo del volume allude all'intreccio dei contenuti oscillanti tra il commento - spesso ironico o amareggiato - dei grandi avvenimenti pubblici e il loro riflesso, tutto intimo ed emotivo, nella sensibilità dell'autore. Ci ritroviamo testimoni, come lettori, di un continuo e vibrante movimento tra realtà e finzione, privato e pubblico, alle prese con miti biblici, letterari, storici, ma anche con tutta una costellazione di mitologie personali: l'affettuoso ritratto del padre, gli amori, incidenti e tragiche malattie di amici, irridenti autobiografie. Paolo Febbraro rivendica una sua lettura molto umbratile e ricettiva della realtà, sia di quella immanente e incarnata nei giorni, sia di quella interiore e fantastica. I rapporti sentimentali si situano sempre in una zona fluttuante tra vicinanza e lontananza, adesione ed estraneità, quasi timorosi di esprimersi se non attraverso sguardi sfuggenti, gesti trattenuti, parole misurate. Se la prima sezione del libro ne condivide il titolo - "I grandi fatti" - quella conclusiva recupera ciò che si intravede nelle pieghe della storia: "Le cose dietro". Perché il vero si annida e si mimetizza anche o soprattutto nella cronaca quotidiana (il lavoro a scuola, la famiglia, l'ambiente urbano e naturale), ma si può intuire persino nelle invenzioni stralunate del fantastico e dell'assurdo, in una scrittura in bilico tra Pirandello, Buzzati, Borges, Kafka e Asimov, nel passato reinventato o in un futuribile angoscioso e sghignazzante. Nel mezzo, i "Lampi" di cinque paginette aforistiche che riflettono con disincanto e amarezza sulla caducità dell'esistenza, sul contrasto tra essere e apparire, sull'irrecuperabilità dell'innocenza. Febbraro commenta, rivelando un suo sguardo di clemente ed empatico "compagno di strada", i fatti grandi e minuti che ci riguardano tutti, ben sapendo che "la verità è una somma, ed è impossibile escluderne qualcosa".
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