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Anno edizione: 2019
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La prima parte l'ho trovata interessante, soprattutto quando spiega la "nascita" dei numeri. Con il procedere dei capitoli, però, l'autore si perde, confondendo il lettore e rendendo tutto poco chiaro.
Il libro racconta la storia della matematica in diciassette capitoli e sembra davvero un romanzo, mancando una trattazione teorica impegnativa, ma essendo ricco dei racconti delle vicende dei singoli matematici. Launay ricorda che “non occorre gran cosa per fare matematica” e invita il lettore a lasciare spazio alla curiosità e alla fantasia, fornendo anche delle indicazioni per l’esplorazione: nell’ultima parte, infatti, vengono elencati musei ed eventi, libri e siti. Non manca infine una ricca bibliografia e la lista, che ovviamente segue l’ordine alfabetico degli autori, distingue i testi per epoca e per tema, per cui è abbastanza semplice orientarsi. Launay scrive in modo colloquiale e la leggerezza dello scritto è un modo per invogliare alla lettura. Il libro permette di dare una maggiore sistematicità alle conoscenze che si possono avere in materia, ma i capitoli si prestano ad essere letti anche indipendentemente l’uno dall’altro, come articoli la cui lettura richiede pochi minuti. Gli insegnanti potrebbero seguire il percorso tracciato dall’autore per accompagnare gli argomenti trattati a scuola con un racconto o con la lettura del capitolo corrispondente.
Indubbiamente a Mickaël Launay la matematica piace. Piace così tanto che non si capacita che chi matematico non è non riesca a capire quanta bellezza ci sia in essa, e così ha pensato di scrivere questo libro, che possiamo definire una "storia impressionistica della matematica". Il suo scopo insomma non è raccontare tutto quello che è successo nei millenni, ma selezionare alcuni punti che possono essere interessanti anche rispetto a quello che vediamo ogni giorno. Anzi, parte dalle cose di tutti i giorni (o quasi, non so quanto in realtà uno vada al Louvre...) per tornare indietro e mostrare come spesso si faccia matematica anche senza l'armamentario di teoremi e dimostrazioni. A volte la cosa gli funziona meglio, come con le simmetrie del primo capitolo o il suo manifesto sulla matematica "singola" e non plurale come del resto si scrive in francese o in inglese: altre volte l'accostamento mi pare un po' troppo forzato, ma è anche vero che io non sono certo il pubblico di riferimento per un libro come questo. Ho infine parecchi dubbi sulla traduzione di Sergio Arecco, nonostante nel colophon l'editore indichi che c'è stata una "revisione scientifica". Tanto per fare un esempio: mi sta benissimo che si parli di figure "pulviscolari" (poudreuses nell'originale). Non mi sta bene che si scriva «è sempre possibile dividere la prima in un numero di pezzi pulviscolari tale da permettere di raddoppiarla, cioè di ricostituire la seconda», perché "raddoppiarla" qui non c'entra nulla (né c'era in francese...). Purtroppo la matematica è bella, ma richiede attenzione!
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