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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2018
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L'opera di Ciconte è più ristretta rispetto alle classiche storie del brigantaggio meridionale, in quanto prende in esame soprattutto l'aspetto della repressione del fenomeno da parte del governo e soprattutto dell'esercito piemontese, con tutta la dinamica del confronto/scontro fra amministratori e militari e tutta la gamma di sensibilità diverse e anche contraddittorie (comandanti militari che mentre conducono una lotta spietata e spesso illegale contro i ribelli contadini, nello stesso tempo si rendono conto delle cause sociali della loro lotta e le denunciano apertamente). Allo stesso tempo è più ampia, perché non si concentra solo sulla guerra al brigantaggio postunitario, ma la inserisce in un quadro "di lungo periodo" che parte dall'ancien regime, mostrando come i metodi di lotta finiscono per riprodursi dai Borboni ai Francesi fino ai Piemontesi.. In questo modo contribuisce anche a demolire le distorsioni della saggistica neoborbonica, mettendo bene in rilievo - accanto alle colpe "nordiste" ben evidenziate - la matrice fondamentalmente sociale della rivolta contadina, i cui primi nemici sono proprio quei borghesi meridionali che prima hanno usurpato le terre comuni e sfruttato all'osso i loro compatrioti, per poi tenere il piede in due scarpe, appoggiando di nascosto le bande e collaborando alla repressione quando queste non erano più utili. Dovrebbe far riflettere anche la conclusione, laddove l'autore mette in rilievo come le lotte contadine del Novecento, guidate dai socialisti e dai cattolici più aperti, hanno trasformato la rabbia del Sud sfruttato in una forza di crescita democratica (anche se la classe dirigente gattopardesca ha trovato altri metodi per perpetuare la propria egemonia ai danni prima di tutto delle popolazioni meridionali e poi della nazione intera).
Gran bel libro, straordinario per dati e riferimenti storici.
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