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Lo scopo dell'autore (e del libro) è di "essere pericoloso". In effetti lo è: per la reputazione dei giornalisti che hanno scelto questo signore come loro presidente dell'Ordine per molti anni. Chi vuole fare il giornalista d'assalto, il polemista per il solo desiderio di esserlo, si occupi dell'attualità e lasci perdere la storia. Lo scopo del libro è uno solo: dimostrare la tesi dell'autore che gli italiani, specie se potenti, sono sempre gli stessi e che i furbetti e furboni di oggi hanno ragione d'essere perchè hanno illustri antenati. Per farlo raccoglie notizie di seconda mano, mischia in guazzabuglio informe notizie storiche, storielle da osteria, passi di libri decontestalizzati, riferimenti all'attualità senza senso e tutto ciò che può portare inchiostro alla sua penna di polemista. Di storia, quella seria, quella critica e moderna ce n'è veramaente poca: di edonismo, invece, a profusione. Mi viene in mente quel professore universitario che aveva sostituito la parola "superficiale" con "giornalistico". Sconsigliabile per chi la storia non la conosce... E anche a tutti glia altri. Superficiale, confuso e pretenzioso.
Il libro di Lorenzo Del Boca ripercorre il tragitto di un conflitto orribile, impietoso, in cui i nostri soldati, pur distinguendosi per alto senso del dovere e facendosi in pratica massacrare, si presero costantemente le colpe delle sconfitte, colpe che invece erano dei Comandi Superiori e in primis del Comandante in capo Luigi Cadorna, capace di dissanguare un paese nelle tante battaglie dell'Isonzo adottando la medesima tattica dell'attacco frontale. Lui, inoltre, insieme a Badoglio e a qualcun altro, è l'unico responsabile della disfatta di Caporetto, che volle tuttavia imputare alla vigliaccheria dei soldati. Ci sono pagine e pagine che parlano della vita in trincea, dell'assenza della benché minima visione strategica e tattica, delle punizioni, spesso immotivate, dei poveri fantaccini, delle fucilazioni gratuite, delle decimazioni, tanto che verrebbe da pensare che il nemico non era quello che ci fronteggiava, bensì chi decideva scelleratamente nelle retrovie. A Cadorna, poi rimosso dall'incarico su pressioni degli alleati e sostituito dal generale Diaz, intitolarono vie e piazze, e ancora ce n'è qualcuna che porta il suo nome; dico solo che a lasciare intestato qualche cosa a questo sciagurato è criminale, perché era meritevole di un solo trattamento: degradazione pubblica e fucilazione alla schiena. Da leggere.
Gran bel libro. Non sono un profondo conoscitore della storia della Grande Guerra, ma l'argomento mi coinvolge molto(anche perchè mio padre l'ha fatta). Ho letto alcuni altri libri sull'argomento (Viazzi, Bandini, Pieropan...), ma questo mi è parso il più lucido, giustamente FEROCE come detto in copertina, molto argomentato (al lettore Baradel: qualche errore in tanta messe di citazioni si può scusare). Poichè, ripeto, non sono uno storico della Grande Guerra, mi associo e condivido appieno le recensioni dei lettori Piero e Ilaria e consiglio senz'altro la lettura del libro.
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