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Facendo ricorso a materiale proveniente dagli archivi dello Special Operations Executive (Soe) e disponibile da poco più d'un decennio, Berrettini, che svolge mansioni di ricerca presso l'Università Cattolica di Milano, ha analizzato i rapporti fra l'Intelligence e il Foreign Office britannici da una parte e il mondo del fuoriuscitismo italiano dall'altra nel triennio 1940-1943. Al fine di selezionare emigrati italiani "of the toughest type" per la ricerca di informazioni e il radicamento della lotta al fascismo, gli inglesi giunsero ad aprire una sede del Soe a New York, ma anche in tale circostanza, pare, videro confermati i vecchi pregiudizi circa l'italiano imbelle: peraltro, ciò che più del resto veniva rimproverato ai fuorusciti era l'incapacità di unirsi intorno alla figura di un qualche leader riconosciuto dall'intero fronte antifascista. Inoltre, non solo si crearono frizioni tra Soe e Foreign Office a proposito delle iniziative da assumersi in Italia, ma i britannici, che sempre cercarono di mantenere buoni rapporti con il Vaticano (apprezzandone la posizione sostanzialmente autonoma rispetto al regime mussoliniano), si mostrarono scettici verso una possibile azione dei propri prigionieri di guerra italiani. Né li convinsero coloro che, come Emilio Lussu e il gruppo di Giustizia e Libertà, dichiaravano di poter vantare credenziali più solide di altri in vista di un intervento dell'Intelligence in Italia; dopo vari fallimenti, anche la missione che si cercò di organizzare con Adriano Olivetti, ormai a ridosso dello sbarco in Sicilia, non ebbe sbocchi concreti.
Daniele Rocca
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