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Anno edizione: 2016
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scheda di Comba, A., L'Indice 1994, n. 6
Al viaggiatore che si rechi nel subcontinente indiano e intenda contrattare vivacemente il prezzo di una mercanzia sarà senz'altro utile conoscere la lingua 'hindi', curiosa e musicale mescolanza di parole sanscrite, pracrite, persiane, arabe, turche, inglesi, portoghesi e francesi. Tanto per fare un esempio, "scuola" si dice 'skula' (e si pronuncia come l'inglese school), mentre un bicchiere è un 'gilasa' (pronuncia "ghilass", simile all'inglese glass) e la tazza si chiama 'kap'. Interessante il fatto che l''atman' ("Sé", o, più impropriamente, "anima"), neutro in sanscrito, sia divenuto femminile in 'hindi', mentre 'devata' ("divinità") sia passato da femminile a maschile. Orientarsi nel magma dello 'hindi' non è per niente facile: si tratta di una lingua in rapida trasformazione, che viene pronunciata in modo diverso a seconda delle regioni indiane in cui è usata. Tuttavia, poiché i programmi della televisione indiana sono prevalentemente in 'hindi', ciò contribuisce in grande misura alla diffusione di questa lingua a scapito dei linguaggi dravidici del sud. Il volume di Caracchi contiene la prima grammatica italiana di 'hindi': uno strumento concepito per coloro che non vogliano limitarsi a un primo approccio (già offerto dalle grammatiche progressive di McGregor, Snell e Weightman), ma desiderino affrontare una trattazione sistematica illustrata da numerosissimi esempi. È proprio l'ampio ventaglio di situazioni offerte in tali esempi ad attrarre l'attenzione del lettore: si ha come l'impressione che l'atmosfera di Benares, dove l'autrice è vissuta due anni, permei di se queste brevi frasi. Pian piano la lettura degli esempi fa acquistare familiarità con la lingua e con la sua forma grafica, i bei caratteri 'nagari' disegnati al computer da Roop Lal Sandhu. Ma ancor più fa conoscere un mondo di sottili distinzioni gerarchiche: gli epiteti di cortesia, per esempio, variano a seconda della posizione sociale e castale, della professione o dell'età. L'epiteto adatto a un sikh non conviene a un indù, pena un'imperdonabile gaffe. Si dà del "tu" solo ai bambini piccoli, oppure a Dio, nell'intimità della preghiera. La moglie usa una forma onorifica con il manto; questi però non la usa con la moglie. Nelle famiglie occidentalizzate tutto ciò va scomparendo: finalmente i due coniugi si chiameranno con lo stesso pronome.
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