Quindici anni fa l’ottanta per cento degli italiani confidava ancora nei magistrati. Oggi, dopo gli ultimi scandali emersi nella Procura di Milano, le faide tra le correnti interne e gli innumerevoli episodi di protagonismo dei Pm, non solo la percentuale è crollata, ma a documentare la sfiducia dei cittadini è anche un mezzo milione di firme raccolte per il referendum «Giustizia giusta». Indipendentemente dalla formulazione dei quesiti, imperfetta e spesso incomprensibile, il messaggio sottostante è chiarissimo: occorre una rivoluzione copernicana del sistema giudiziario, perché il tempo sta per scadere. Siamo ormai all’ultimo atto.
«Tangentopoli era la malattia, e Mani Pulite la cura. Anche se quest’ultima, come spesso capita, si è rivelata più dannosa della prima.»
A trent’anni da Tangentopoli, siamo ben lontani dal progetto di ripristinare la legalità nelle istituzioni. I rimedi messi in atto coi processi di Mani Pulite si sono rivelati peggiori del male che dovevano curare: la corruzione non è diminuita, come dimostra il caso del Mose, anzi ha aumentato i suoi introiti. Ma l’effetto collaterale più pernicioso è stato portare la magistratura al controllo dei partiti e alla tutela del Paese, fino al punto di sovvertire il responso delle urne e modificare gli equilibri parlamentari. Un’investitura permessa dalla subordinazione codarda della politica, che ha voluto assegnare alle toghe un ruolo salvifico e dirimente. In questo modo alla divisione dei poteri, invocata dalla Costituzione, è subentrata invece la loro confusione pressoché totale.
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L’autore è un magistrato, che, pur avendo gestito vicende con implicati politici, non è stato mai, a quanto so, “accusato” di diversificare le proprie azioni in relazione alla parte politica interessata; è certamente uno dei pochi che, in un procedimento importante con politici implicati, è riuscito a non far trapelare quanto raccolto dalle intercettazioni telefoniche (caso Mose). Nel libro Nordio parte da Tangentopoli, vicenda per la quale denuncia il comportamento della magistratura che ha “dimenticato” il PCI e il suo cassiere Greganti, prosegue con l’uso delle intercettazioni telefoniche, che non avrebbero dovuto essere rese pubbliche e lo sono state senza che mai si sia trovato il colpevole della loro prima diffusione, costringendo politici importanti a dare le dimissioni (e in molti casi i politici sono poi stati assolti) ed arriva al caso Palamara (espulso dalla magistratura sulla base di intercettazioni telefoniche che, guarda caso, interessavano solo esponenti dell’area politica moderata) ed al recente scandalo che ha coinvolto la Procura di Milano, già simbolo di Mani Pulite. Citando tutta una serie di fatti Nordio sottolinea i comportamenti scorretti di molti magistrati ed in particolare il fatto che la Procura di Milano non ha mai voluto abdicare al ruolo da protagonista, travalicando i compiti affidatele dalla Costituzione, ma sottolinea anche che la politica ha cercato solo timidamente e spesso con scelte legislative errate di opporsi a questa “invasione di campo. Prima di terminare Nordio fa un esame della situazione attuale della magistratura e delle leggi nel campo della corruzione ed affronta la questione dei referendum sulla magistratura, che ritiene assolutamente giustificati (“una valanga di firme vi seppellirà”), ma non sufficienti, perché trattandosi di referendum abrogativi, come previsto dalla Costituzione, non potranno “riempire” le leggi di quanto manca.
Interessantissimo spiccato, in un momento storico particolare, dello stato di grazia della tanto bistrattata giustizia italiana, da parte di un ex magistrato dall' elevatissima statura morale, che non si fa remore nell'affermare che (come da quarta di copertina) Mani Pulite è stata una cura peggiore del male (come peraltro i fatti si sono assicurati, parere personale, di confermare), e che non ha dubbi nell' evidenziare tutte le criticità che hanno portato oggi la Giustizia allo stato attuale di cose. Il testo, scritto benissimo e pieno di riferimenti culturali e storici, è un excursus che parte dal buio periodo di Mani Pulite fino ad arrivare ai giorni nostri, con il caso Palamara e le sue derivazioni. In ultimo vi sono buone e sensate proposte per migliorare lo stato di grazia della giustizia in Italia. Il testo è molto interessante nella prima parte, soprattutto quando Nordio richiama il periodo di Tangentopoli e le sue conseguenze, spaziando poi alle dinamiche (consideriamole così) di Berlusconi (con rilievi soprattutto sul caso dei giudici Esposito e Franco, e la strana 'Sezione Feriale' a giudicarlo) e Renzi fino ad arrivare ai 'casi' Salvini e Conte, relativi alle imbarcazioni Diciotti, Open Arms ecc, evidenziando incongruenze, malagestione ed in generale tutte le criticità che si sono susseguite negli anni, e che hanno portato la magistratura ad arrivare allo stato di cose di oggi. La parte legata a Palamara e le relative ultime vicissitudini, invece, sembra trattata un po' in maniera frettolosa, rendendo la lettura poco chiara e scorrevole, ma è un peccato veniale, per un testo interessantissimo, di un uomo libero.