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La figura della donna romana di estrazione aristocratica che ci viene tramandata dagli autori antichi e dagli elogi funebri è quella di una figlia obbediente destinata ancora giovanissima ad un matrimonio precoce, di una moglie e madre integerrima, dedita all'amministrazione della casa, alla procreazione e a sovrintendere all'educazione dei figli. Si tratta in parte di una rappresentazione stereotipata, ma una cosa è comunque certa: ad essa fu sempre preclusa ogni attività in ambito politico e istituzionale. In epoca giulio-claudia, tuttavia, donne come Livia, Antonia minore, Messalina e Agrippina seppero ritagliarsi spazi significativi di azione grazie alla loro capacità di creare circoli, gruppi e cenacoli ad esse riferiti e caratterizzati da ampie reti di alleanze, spesso basate su vincoli familiari e di clientela, finalizzati soprattutto alla gestione delle dinamiche dinastiche e successorie e all'occupazione di magistrature e cariche amministrative o militari. Le loro vicende sono abbastanza note, mentre quelle delle "donne dei Severi", che pure giunsero a detenere un'autorità, esercitata affiancando i propri figli e nipoti nel governo dell'Impero, e ad ottenere onori assolutamente inediti nella storia romana, lo sono assai meno. Giulia Domna, una siriana discendente da una dinastia di re-sacerdoti di origine beduina, moglie di Settimio Severo e madre di Caracalla e Geta, fu la prima di questa "dinastia al femminile" cui appartennero anche la sorella Giulia Mesa e le figlie di questa, Giulia Soemia e Giulia Mamea, madri, rispettivamente, degli imperatori Eliogabalo e Alessandro Severo. L'Autore ci offre una biografia succinta ma interessante dell'Imperatrice, ponendo in evidenza il suo ruolo mecenatesco rispetto ad un cenacolo di intellettuali che si raccolse intorno a lei, l'influenza esercitata su importanti decisioni di Caracalla come l'emanazione della Constitutio Antoniniana e il ruolo nei molti avvenimenti drammatici che punteggiarono la sua vita.
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