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«Friedrich Dürrenmatt è, in primo luogo, un narratore metafisico. Vive, ben stabile e fermo, in Svizzera, ma di lì, col suo implacabile telescopio, esplora l’universo ; e spesso intuisce così a fondo gli elementi a noi nascosti, che riesce a sfondare il muro di ipotesi e di supposizioni che ci circonda, e si spinge in prossimità delle grandi leggi del mondo ... Nel Giudice e il suo boia, il male ha una vasta incarnazione: Gastmann, “la bestia selvaggia”, che il commissario Bärlach, ancora giovanissimo, aveva incontrato a Costantinopoli, senza riuscire per quarant’anni a fornire le prove dei delitti via via più audaci e sacrileghi che il Nemico commetteva. Come dice Bärlach, Gastmann è un nichilista: se opera il bene, lo fa per un capriccio, per un estro improvviso: e per lo stesso estro – mai in nome di un principio – opera il male ... Il vero eroe del romanzo è il personaggio che incarna il principio del bene: il commissario Bärlach, la più straordinaria figura di poliziotto del romanzo moderno». - Pietro Citati
Esiste il delitto perfetto? Gastmann, "demonio in forma umana", ne è convinto, e per dimostrarlo al commissario Bärlach - e vincere la temeraria scommessa fatta in una bettola sul Bosforo - getta uno sconosciuto dal ponte di Galata. Ormai i due sono incatenati l'uno all'altro. Per oltre quarant'anni il commissario seguirà imperterrito le orme di Gastmann, nel vano tentativo di fornire le prove dei delitti via via più audaci, efferati e sacrileghi che costui ha commesso per capriccio. Finché un giorno l'assassinio dell'ispettore Schmied della polizia di Berna - la città dove Bärlach è nato, e che lui chiama il suo "aureo sepolcro" - lo metterà nuovamente di fronte al suo nemico, e al sinistro viluppo di trame politiche e finanziarie di cui questi tira le fila. A Bärlach non resta molto da vivere: giusto il tempo di regolare i conti una volta per tutte. Ormai ha emesso il suo verdetto - ed è una condanna a morte. Quando Georges Simenon, che di noir se ne intendeva, lesse questo romanzo cupo, implacabile e lacerante, disse semplicemente: "Non so che età abbia l'autore. Se è alla sua prima prova, credo che farà strada".Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bellissimo . Adoro tutto di Durrenmatt ma questo libro , il giudice e il suo boia , è sopra la media . Un gioco psicologico durato anni e anni , fra le scappatoie della giustizia e la ricerca del delitto perfetto . Assolutamente consigliato !
Durrenmatt è sempre capace di unire l'animo impertinente e sfidante del suo iconico commissario Barlach, ai grandi dilemmi morali che ciascuno di noi si trova ad affrontare nel corso della vita. Si esplora il tema della capacità di uccidere a sangue freddo, senza essere colpiti dalla tragicità degli eventi, agendo come automi privi di scrupolo, ma anche il tema dell'omicidio mosso dall'ambizione e dalla voglia di successo. Tutto il breve racconto assume aree tetre, di sospetto e dubbio costante,con la costante percezione che la verità sia sempre molto vicina ma celata agli occhi del lettore che segue lo spirito e l'acume dell'abile commissario. Non è il colpo di scena a stupire, perché grazie alle atmosfere e alla descrizione, sin da subito ho avuto specifiche sensazioni dinnanzi ai personaggi, che poi svelano la loro anima in modo quasi repentino nonostante siano insinuati diversi sentori di Contraddizione e dubbio. Come sempre, tramite l'escamotage narrativo Durrenmatt riesce a far riflettere su grandi tematiche senza mai appesantire ma innescando diverse domande..
Due individui hanno intrecciato indissolubilmente il loro destino durante la giovinezza per via di una scommessa avente per oggetto il diritto di esistenza del delitto perfetto. Accettandone i termini si macchiano entrambi di una colpa che li lega nel peggiore dei modi. La scelta di Gastmann è quella di compiere il delitto perfetto, quella di Bärlach di provare la colpa di costui. Non riuscendovi, trascorre l’esistenza a seguire e tentare di incastrare il vecchio amico ormai diventato il suo peggior nemico. È giunto ora il momento per il vecchio Bärlach, una vita da commissario, di giocare la sua ultima mossa … Impossibile svelare oltre onde evitare inutili e dannose anticipazioni, il libro si gusta perché si rivela progressivamente regalando scorci paesaggistici elvetici e una non troppo velata polemica al sistema amministrativo e politico della Svizzera tendente a offuscare il classico rigore e l’efficienza che le si è soliti attribuire. Il romanzo adottando e insieme rigettando la tradizione del genere giallo e del poliziesco si fa portatore di una precisa visione dell’esistenza e con essa della giustizia. La vita è caos, la giustizia invano può porvi rimedio, la ricerca della verità raramente coincide con la giustizia. In questo romanzo quarant’anni non bastano per giungere ad una giustizia che purtroppo pare rivelarsi solo alla fine ma in modo imperfetto e arbitrario, creando a sua volta altra colpa, altra ingiustizia. Su tutti pare trionfare solo la morte come nell’incisione di Dürer “Il cavaliere, la morte e il diavolo”.
Recensioni
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