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Sándor Petöfi (1823-1849) è uno dei massimi poeti ungheresi. Se la sua poesia politica presenta non poche disparità di valore estetico, appesantita com'è da un'irruente polemica ideologica, il meglio della sua produzione letteraria è da ricercarsi nella poesia amorosa, che Petöfi rinnovò nella forma, in opposizione alla lirica impersonale e talora artificiosa dei suoi predecessori. Fra i suoi capolavori, Giovanni il Prode è l'opera più immaginosa e romantica, dove si mescolano l'ironia, il realismo e la fantasia più sbrigliata. Si tratta di una fiaba in versi, in cui lo sfondo storico è abbastanza sfumato (la vicenda potrebbe collocarsi nel periodo della guerra fra l'Ungheria e l'Impero ottomano, e dunque fra i secoli XIV e XVII), e dove temi portanti sono il sentimento amoroso, l'eroismo, l'amore per la patria e il sentimento della morte. È cioè allo stesso tempo una storia epica e popolare, nella quale l'elemento fiabesco e quello realistico si intrecciano compiutamente. Gli episodi si succedono secondo un movimento ritmico dal taglio rapido e concentrato, affidati a una versificazione ariosa, di essenziale espressività. L'eroe del poema è il pastore Janós, soprannominato "Pannocchia" perché trovato da bambino in un campo di granoturco; si innamora di Iluska e ne è riamato, ma è costretto ad abbandonare il villaggio. Compie un viaggio avventuroso e fantastico, in cui incontra banditi, combatte giganti e diventa ussaro; attraversa mezza Europa e il continente indiano; in Francia, compie grandi imprese e dal re riceve l'appellativo di "Giovanni il Prode", per approdare infine al Regno delle Fate, dove trionfano la pace e l'amore.Il traduttore, Roberto Ruspanti, nella sua versione in doppi settenari rende con eccezionale bravura il ritmo cristallino e incalzante del poema che Petöfi compose in versi dodecasillabi a rime baciate (il cosiddetto "dodecasillabo eroico"). Paolo Pallotta
scheda di Pallotta, P. L'Indice del 1999, n. 07
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