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scheda di Mulazzani, M., L'Indice 1994, n. 4
"Perch'io che vo cercando e scrivendo i fatti d'altri accuratamente, - scrive Giorgio Vasari, in una lettera del 6 maggio 1562, all'amico Vincenzo Borghini - de' miei non ne so straccio". La sapida considerazione, al limite del motto di spirito (uno dei numerosi registri della vivida prosa dell'aretino), potrebbe con ragione esser letta nei termini di una (pur inconsapevole) profezia: assai più che alla produzione artistica e architettonica, invero cospicua, il nome e la fama di Vasari risultano infatti generalmente associati, dalla fine del Seicento, a quel monumento letterario costituito dalle "Vite" - indispensabile 'libre de chevet' per chi si voglia avvicinare alla storia dell'arte italiana. Una sorta di contrappasso ha esaltato l'"osservatore" e riservato all'architetto una considerazione quanto meno altalenante, cui può ascriversi, tra l'altro, la rarità di studi dedicati alla sua opera di architetto. Il lavoro di Claudia Conforti salda il debito della critica nei confronti di un autore tenuto, viceversa, in gran stima da committenti e architetti del suo tempo e colma lo iato di una presunta schizofrenia, evidenziando proprio nelle vite alcune chiavi interpretative del fare vasariano. A partire da ciò che maggiormente distingue Vasari rispetto ad altri architetti della sua generazione - la "quasi rituale trattazione riservata alle idealità formali e storiche degli ordini", poiché "le pietre e non gli ordini sostanziano, per Vasari, l'architettura" - l'autrice sottolinea le radici profonde dell'anticanonismo vasariano, nutritosi della potenza creativa michelangiolesca, dello sperimentalismo inquieto di Baldassarre Peruzzi, della poliedrica attività professionale di Giulio Romano. Stupendamente documentato dalle fotografie di Grazia Sgrilli, il libro restituisce il ritratto di una personalità sfaccettata. "Cortigiano" capace, per formazione, di dialogare alla pari con una committenza colta Vasari è organizzatore in grado di gestire grandi cantieri e di parteciparvi direttamente. Esemplare, in tal senso il ventennio al servizio di Cosimo I de' Medici come architetto "di mestiere", ove il termine sottende una "prassi fondata sull'indissolubilità di tecnica e arte", in grado talora di attingere, come nello straordinario dispositivo urbano costituito dagli Uffizi, a risultati di assoluto valore e straordinaria modernità.
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