“Giorgio Canali & Rossofuoco” è il titolo dell’album uscito originariamente nel 2004 tutto in italiano come per tutti gli album successivi, è anche il primo disco in cui il nome della band diventa "Giorgio Canali & Rossofuoco".
Il terzo lavoro di Giorgio Canali, nel quale promuove la propria backing band a comprimaria, è un album duro, scarno e rabbioso, l’ascolto di queste dieci canzoni precipita l’ascoltatore attraverso scenari non propriamente idilliaci, occhi che sbirciano il marcio sotto il tappeto, bluff sociopolitici smagati a bacchettate sulle dita e crampi al cuore.
Tutto cantato in italiano procede per immagini tese, per accumulazioni rapide, per aspri rivolgimenti di senso. Testi che si aggirano letterari, scovando angoli noir nel ventre flaccido del mondo, esercizi di sarcasmo e amarezza che talvolta sconfinano nel grottesco, prendono a ceffoni la retorica, sputano rabbia a grumi, testimoni di una lugubre saggezza. Spiegano la visione lucida, quel disincanto senza possibilità di ricadute o remissione.
In ciò ben supportati da un impianto sonoro che prevede punk-blues ingrugniti, fosche folate latin-reggae e fumosi teatrini di remota accezione folk.
Chitarre che stridono e intagliano, il basso che morde le caviglie ad un drumming irascibile, la voce che s’incarica di raschiarsi la rogna dall’anima. Oltre ad un paio di gradite intrusioni: le trombe di Marc Simon a sottolineare il truce esotismo di Guantanamo (memorabile e desolante panoramica sullo Stato-Delle-Cose), quindi il delirante farfisa del Reverendo Sam (cantante e tastierista di Hormonas e Johnwoo) in Rime Con Niente, parata di febbrili perdizioni dedicata all’amico Bertand Cantat.
Canali e la sua band offrono il loro punto di vista ad altezza d’uomo, mozzano la testa all’Utopia e ce la servono su un vassoio di viscerale genuinità.
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