L'occasione di sottoporre nuovamente a verifica la tenuta del principio di non interferenza tra regole di validità e regole di correttezza è data dai problemi applicativi suscitati dall'interpretazione del decreto Balduzzi che impone specifici obblighi informativi volti espressamente a contrastare il dilagante fenomeno della ludopatia. Rispetto alla illusoria promessa di conseguire facilmente premi in grado di liberare dal bisogno i vincitori, il civilista non può restare indifferente alle istanze di tutela, tanto dei singoli, quanto delle associazioni di categoria. Centrale nello sviluppo dell'analisi è il problema relativo alla possibilità di riconoscere carattere imperativo a una norma nata per contrastare il gioco patologico e di considerare eventualmente nulli i contratti di gioco conclusi in dispregio degli obblighi informativi da essa prescritti, valutando, quindi, fino a che punto il contratto possa rimanere insensibile all'inadempimento di tali obblighi, anche quando essi siano posti a tutela di diritti inviolabili della persona. Una piena, corretta e trasparente informazione, tuttavia, non sempre può garantire l'adozione di scelte responsabili e razionali, dal momento che le decisioni dei giocatori sono contraddistinte dall'emotività che muove il giocatore d'azzardo. Spesso, infatti, quest'ultimo vede la sua capacità più o meno compromessa dal vizio che lo affligge, richiedendo l'adozione di misure protettive più o meno invasive a seconda della gravità del caso. Il livello di protezione dai rischi insiti nel gioco è, poi, inevitabilmente destinato ad alzarsi allorquando il giocatore è un minore che, in considerazione della sua connaturale inesperienza, è un soggetto più esposto di altri alle conseguenze pregiudizievoli, tipiche di un fenomeno di per sé già particolarmente insidioso.
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