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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2018
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Semifinalista al Premio Strega 2017 Presentato da Pierluigi Battista e Antonella Cilento
Non c'è niente che dia più soddisfazione a Elsa Misiano di raccogliere con un pretesto tutto il personale di servizio di cui dispone: per questo un paio di volte l'anno riunisce l'intera famiglia per un festeggiamento in grande stile. Sessantacinque anni, tendenza alla pinguedine, capace amministratrice di una rendita robusta, moglie di un importante avvocato fanatico di Porsche e ideologo di barche, ha cresciuto i tre figli maschi nello spirito di una (mal)sana competizione: Gianni, primogenito e fiscalista di grido, colpevole di aver sposato una provinciale di sinistra; Paolo, deputato quarantenne in attesa del quarto figlio, perplesso portavoce di una donchisciottesca campagna contro l'energia eolica; e infine Ranieri, il prediletto della madre, giornalista conformista, furbetto, frivolo, fortunato, considerato dagli altri due - unanimi - uno stronzo. Ma quando Gianni viene chiamato in TV per chiarire i suoi rapporti con un imprenditore arrestato per corruzione, frode fiscale e associazione per delinquere, i consigli (e i preziosi contatti) dell'odiato Ranieri gli diverranno indispensabili. Per non parlare del povero Paolo, che di lì a poco si ritroverà invischiato in un'imbarazzante liaison con una ragazzotta "in odore di meretricio", a cui incautamente ha donato una collana di Bulgari.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il valore del libro è nella scrittura brillante dell'autore, che si legge volentieri perché fa stare bene. Marco Ferrante si riconferma, vent'anni dopo il suo romanzo d'esordio, efficace narratore d'una borghesia che è ormai tale più per reddito e abitudini che per senso sociale. E all'interno d'una storia non priva di appiattimenti banali si avverte la ricerca della bellezza, dell'armonia, che pervade la narrazione come un sentimento inespresso che lega l'autore alla sua opera.
Un libro che nasce con tutte le intenzioni di una buona lettura: il racconto nei nostri giorni di tre fratelli nella Roma spregiudicata e viziata, una denuncia del malcostume incontrovertibile che attanaglia la nostra classe dirigente e ciò che resta dell'alta borghesia.Una storia che veleggia sempre incerta e spessissimo noiosa e che travolge e tradisce la sua mission fondante, incapace di veri sussulti narrativi,incapace di impennarsi davvero mentre il lettore resta ad attendere quell'exploit che non arriverà mai.
Noioso. Noioso nella trama e nello stile. Si legge a fatica.
Recensioni
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Sono i cinquant’anni, bellezza, «anche se me ne mancano cinque».
C’era una volta, la Roma del Novecento. Una capitale che era una vera e propria tigre, un animale da caccia dai movimenti forti ed eleganti, dal cui splendido manto a strisce trasudavano la sicurezza e arroganza del potere. Gin tonic a occhi chiusi, l’elegante satira sui nostri tempi firmata Marco Ferrante, descrive una realtà ben diversa: di quel maestoso animale non è rimasto altro che la pelliccia, ridotta a un triste e banale tappeto. Che tra l’altro non è nemmeno un simbolo di potere (quello del cacciatore che ha vinto la preda), ma solo un accessorio domestico tremendamente kitsch.
Bersagli-protagonisti di questa satira sono i tre fratelli Misiano, illustri (ma non troppo) rappresentanti di un’alta borghesia romana in piena crisi di mezz’età. Ognuno di loro, ovviamente, si è specializzato in una “classe” di potere ben specifica: il primogenito Gianni, fiscalista con sorprendenti capacità di prestigiatore (soprattutto quando si tratta di eludere il fisco e uscirne puliti), si è buttato a capofitto in quella della finanza e della grande economia; il secondogenito, Paolo, rappresenta invece una classe politica sconsolata, impotente in una maniera quasi imbarazzante; dulcis in fundo, la “casta” dei giornalisti, quella dello svogliato e impenitente Ranieri, che però si dedica alla scrittura solo per tornaconto personale o quando proprio non può evitarlo (d’altronde, non è certo costretto a lavorare: da sempre il preferito delle donne di casa, vive più che egregiamente grazie all’eredità di una ricchissima zia).
Gioie e dolori di una classe di eletti ormai in caduta libera, dunque, descritti da Marco Ferrante con la sferzante ironia del narratore ben navigato. Una prosa vivace di una bellezza sarcastica, quasi acida, sciolta in una serie di aneddoti brillanti che certo non sfigurerebbero in qualche conversazione da salotto della Roma-bene. Tra scappatelle malriuscite, gioielli rubati e bicchieri di design, per i protagonisti però non arriva mai la tragedia, a eccezione di qualche lacrimuccia: così che l’inverno è alle porte, ma la cicala canta ancora. Ci penserà dopo. E al massimo, se dovesse davvero cominciare a far freddo, si verserà un altro drink.
Recensione di Elena Malvica
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