La storia di Georg Zuter comincia nella natia Germania perché studia prima alla Werkunstschule di Dortmund e poi alla Hochschule fur der Bildende Kunst di Berlino. A 23 anni, nel 1965, è già un artista astratto, la sua strada è intrapresa perché non cede alle seduzioni della materia che l'Informale, negli stessi anni, rivaluta con le alte paste, gli spessori, il colore a olio che si materializza in grumi e sedimenti. Né tantomeno viene affascinato dalla tradizione espressionista della sua storia dell'arte, per l'esasperazione delle figure deformate dal male di vivere. Punta direttamente ad un'essenzialità degli elementi che è ricerca dell'assoluto, principio percettivo non solo di razionalità visiva, ma anche direzione di ricerca per una strada diretta alla comunicazione con il fruitore. Artista non figurativo o aniconico, Zuter mette insieme un'esperienza formativa grafica e tipografica che al sud Italia scopre tonalità calde. Diventa non a caso un autore che si dedica al colore, ma dalla Sicilia non riceve l'impetuosità della forma, l'accelerata circolazione del sangue e le animazioni barocche. Porta il suo universo mentale e culturale a incontrarsi con il sole. "Zuter è infatti uno dei pochi pittori capaci di fare una pittura astratta geometrica utilizzando le ocre; è fra i pochi a saper accordare i marroni e i beige con il bianco e con il colore, con un effetto di rasserenante equilibrio. È proprio un gioco di sbalzi, di contaminazioni: come in tutti i giochi percettivi, le campiture si condizionano a vicenda, e il colore provoca una vibrazione che sollecita la vista'". Il color piatto si mette in relazione con una forma senza volume. Tutto è piatto ma significante, la mancanza di iconicità è la premessa per una liberazione della comunicazione con il fruitore che non viene distratto da altro che non dalla forma-colore in purezza. La casualità sta nell'invenzione, nel motivo che porta un artista a ritirarsi a dipingere, ma l'esecuzione segue andamenti mentali geometrico-lineari davanti a cui il caso si arresta.
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