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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2021
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Corrado Alvaro è l'equivalente di Verga: un neorealismo narrativo rivestito di usi e costumi della Calabria; ma più che rivelarne la prosopopea, lo scrittore mette in luce con toni lirici una civiltà immota nel tempo, come se essa non intendesse in alcun modo riscattarsi. In questa raccolta di novelle, il popolo è trasversalmente e umanamente mitico ma non mitizzato: è senza tempo e senza prospettive. Al senso di abbandono si accompagna una sofferta rassegnazione soffocata dalla dittatura del destino, del fato avverso e della Storia, che comprime e forgia i temperamenti con i suoi corsi e ricorsi.
Libro fatto da una dozzina di racconti di cui il primo, lungo, da il titolo al romanzo. E nel primo brano, ben sviluppato nella trama e con una prosa piuttosto poetica, emerge il Sud dei latifondi, sentimenti d'amore profondo e feroce vendetta, con la natura da sfondo alle dure vicende umane dei pastori. Gli altri racconti sono più frettolosi, meno attenti alla psicologia dei personaggi e accennano anche ad altre tematiche: la passione, l'odio, la religione, la morale...ma quasi lasciando un senso di incompiuto, in alcuni casi deludendo. Nel complesso, il romanzo dà un veritiero spaccato del profondo meridione del '900 ma con intensità e stile altalenanti.
E' sicuramente un libro interessante, composto da diverse storie intrise di nostalgia bucolica delle terre aspromontane, in cui vi è spazio per diversi aspetti della vita di quei posti, come l'amore, la voglia di rivalsa, la povertà, l'ignoranza. Le storie sono brevi, profondamente descrittive dei luoghi, meno delle personalità dei vari personaggi, ma c'è un particolare che colpisce: al contrario di ciò che si pensa dei "paesani", c'è la voglia di cambiare, di aiutarsi e di non fermarsi alle apparenze, di scontrarsi contro il potere, anche se in alcuni casi si viene sopraffatti dalla paura. Insomma, un bel libro, sicuramente ancora di più per i calabresi.
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