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India dei villaggi, Dentro le case, Morire di classe e il lavoro sui rom: libri che dimostrano la chiara propensione per la fotografia sociale di Gianni Berengo Gardin. Il suo primo approccio al mondo della fotografia avviene a Venezia, dove trascorre l'adolescenza e una parte della gioventù, nel famoso "Circolo della Gondola" che riunisce il gotha dei fotoamatori. Erano i tempi in cui usava la Rollei. Ma è il soggiorno a Parigi e la scoperta di un'altra fotografia, quella umanista di Willy Ronis, di Henri Cartier Bresson e di Robert Doisneau che lo induce a lasciare la prospettiva di un futuro garantito in seno a una famiglia benestante per affrontare la suspense costante della vita da fotografo indipendente. A Parigi Berengo abbandona la Rollei e adotta per il resto della sua vita le macchine fotografiche a telemetro. Ancora oggi parla delle sue Leica, tutte analogiche, con l'affetto di chi parla di persone care.
Berengo Gardin ama la forma libro. È il suo modo di espressione preferito, più del giornale, mezzo che, a parte la stagione del "Mondo" di Pannunzio e qualche incursione sporadica nei rotocalchi, ha utilizzato poco. Gente di Milano, l'ultima produzione, è la sintesi di un lunghissimo lavoro dedicato a una città che possiede forti elementi di impegno sociale. Questo libro è come un atto dovuto, un gesto di riconoscenza verso un ambiente, quello dell'intellighenzia milanese, che gli ha aperto grandi le porte quando, giovane fotografo, sbarcò a Milano. Nel libro scorre la vita della città vista con gli occhi di chi è abituato a esercitare quotidianamente il suo sguardo e sa penetrare nelle pieghe del tessuto sociale. Anche se Venezia è la città delle sue origini (e certe sue immagini lagunari sono indimenticabili), Milano è la metropoli di cui è cittadino, quella in cui ha vissuto di più, l'habitat del suo quotidiano.
Uscite come dalla caverna di Alì Baba, qual è l'archivio senza fine di Berengo Gardin, queste fotografie raccontano ben più di mezzo secolo. Più che una cronaca di eventi, è un'indagine antropologica, un saggio sociologico. Un libro che ha i suoi personaggi. A parte gli amici artisti, quelli vivi e quelli scomparsi, come Enrico Baj, Ettore Sottsass, Ugo Mulas, che sorride in una sua allegra immagine, c'è nel libro molta gente anonima, rapita à la sauvette per le vie della città. La fanfara dei bersaglieri irrompe a passo di corsa e piume al vento in mezzo a una folla plaudente; una nurse, forse svizzero-tedesca, comunque nordica, incede con passo altero, si suppone in una via elegante del centro, spingendo una carrozzina con un bambino biondo che, si vede subito, appartiene alla razza padrona. Impressionano i volti severi di uomini e donne scesi dal lungo treno del Sud nei primi anni del dopoguerra alla ricerca di un futuro migliore. In una quasi storica latteria del quartiere di Brera, quella di La vita agra di Luciano Bianciardi, l'autore fotografa con tenerezza un'anziana signora dallo sguardo benevolo.
Gente di Milano è una serie di immagini in cui si mescolano la nostalgia e a volte un'ironia che sa vagamente di protesta sociale, e anche un certo gusto del surreale. È un libro da guardare, ma anche da leggere: il volume contiene infatti una prefazione scritta da Corrado Stajano, che ama la fotografia e conosce a fondo la città: è l'autore di un libro recentemente pubblicato, La città degli untori (Garzanti, 2009), appassionato processo al declino etico di una città che è stata una fraterna e ammirevole polis.
Dondero
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