Santiago, 1973: il Cile è in fermento. Le elezioni parlamentari di marzo confermano il governo socialista di Salvador Allende aprendo a una lunga crisi politica, economica e sociale che spezza in due il paese e culmina nel colpo di stato militare dell’11 settembre, quando le truppe del generale Augusto Pinochet bombardano il palazzo della Moneda. Il nuovo regime invade presto anche il mondo dello sport: l’Estadio Nacional, monumento del calcio cileno, è convertito in campo di concentramento e di sterminio per gli oppositori. Politici, artisti come Victor Jara, attivisti, miti dello sport come Hugo Lepe: nessuno sfugge al controllo e alla repressione della dittatura militare. Neanche i calciatori della Roja, la Nazionale cilena, veri e propri idoli in patria impegnati nello spareggio contro l’Unione sovietica. Un incontro che deciderà l’accesso ai campionati mondiali, e che metterà presto nel mirino dei golpisti il capitano Francisco Valdés, amico e sostenitore di Allende. Il giocatore chiede che due suoi vecchi compagni vengano liberati dalla prigione del Nacional e minaccia di boicottare una gara di enorme importanza simbolica per la giunta. Comincia un lungo ed estenuante braccio di ferro che getterà Valdés nel mezzo di una crisi internazionale tra Pinochet, i sovietici e la Fifa, fino alla conclusione il 21 novembre, al Nacional, in quella che ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, viene ricordata come la «partita fantasma». )
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