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Questo poemetto di Ruggero Savinio, La Galleria d'Arte Moderna, nel suo orizzonte di rimandi, di luci, di segretezze, è soprattutto un testo "confessione" (abbastanza raro nelle scritture italiane). La Galleria d'Arte Moderna è luogo e metafora: l'incontro con l'arte, lo specchio di un proprio museo interiore.
La situazione è quella di un'adolescenza solitaria, dove l'autore scopre e ama pittori eccentrici, malati, malinconici. Ama la pena dell'Ottocento: il Piccio, pittore lunatico morto annegato, la pittura tremante e commossa di Ranzoni, i quadri di Fontanesi, Mancini. Con affetto e una punta di paradosso il padre dice che Ruggero disegna come il Piccio (pittore che è l'esatta antitesi di Alberto Savinio, del suo universo mentale).Le città sono Roma, Milano nella nebbiosa tristezza, Parigi (dove Ruggero Savinio vede la figura di Giacometti).La scelta in poesia crea un ritmo, una distanza evocativa: è quasi il bisogno, rispetto a una materia intima, di una cifra, di un a priori, di una forma.Nel testo in prefazione, con intensa suggestione, Massimo Cacciari scrive: "il tempo dell'Ombra. E tutta l'opera di Savinio ne è ascolto e ricerca".
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