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Si dibatte spesso sulla definizione di noir. Ma credo che questo romanzo di Alessandro Bastasi meriti a pieno titolo la qualifica, perché è un ritratto impietoso di una provincia italiana marcia fin nelle sue più intime pieghe. C'è un delit...to sepolto negli anni, c'è un innocente che ha pagato con la vita, ci sono vite segnate da quella colpa e c'è la connivenza, l'omertà di un certo modo di essere paese, di concepire l'onorabilità che accomuna nord e sud sull'altare insanguinato dell'ipocrisia. Bastasi non fa sconti e mi ricorda il Bassini di "Bastardo posto" stigmatizzando il ricco nord-est con la sua facciata pulita e ordinata, con i sindaci anti-clandestini e con l'ostentata religiosità della domenica a messa. Una facciata che crolla miseramente appena si prova a scavare un po' più a fondo e si scopre che, pur di non perdere la faccia, ogni prezzo è lecito. Soprattutto se a pagarlo sono gli altri. Un grande noir, un libro "politico" nel senso più alto del termine. Da leggere.
Definire questo romanzo solo un giallo è riduttivo e darebbe un'impressione decisamente parziale del libro che si sta per leggere che è, infatti, molto più di questo: noir, narrativa, introspezione, giallo, tanti sono gli aspetti toccati dalla penna dell'autore che, con uno stile diretto e a tratti pungente, regala un affresco della Treviso del 1950 facilmente applicabile alla società odierna nella sua interezza. Un tocco di mistero e la giusta dose di romanticismo completano una storia che si rivela avvincente fin dalle prime pagine. La trama intreccia passato e presente in un alternarsi di immagini che, tentando di scoprire cosa è davvero accaduto nel lontano 1953, regalano belle fotografie della vita dell'epoca (soprattutto ricreando l'atmosfera quasi familiare dei piccoli centri, quella sensazione di essere sempre tra amici nonostante la presenza immancabile dei pettegolezzi dietro le spalle) che si contrappongono alle descrizioni della città attuale, con le sue piazze, i suoi bar e le vie del centro. Attraverso i ricordi del protagonista, le sue paure e le riflessioni, Bastasi fa un'analisi della società, ipocrita e pronta a tutto pur di salvaguardare... che cosa? Il buono nome? La reputazione? Tutto sembra essere lecito per tutelarsi, anche a scapito di innocenti e soprattutto nel caso in cui questi rappresentino, per la società stessa, ottimi capri espiatori perché già portatori di "difetti" solo fintamente tollerati, ma in realtà aspramente criticati di nascosto. Un'ipocrisia e un'amoralità, quelli descritti nel romanzo, che affondano le loro radici proprio nell'istituzione che dovrebbe trasmettere i valori più importanti: la famiglia, che si rivela invece proprio quella gabbia criminale da cui il protagonista si era allontanato anni prima, culla delle peggiori bassezze dentro cui celare, dietro una coltre di finto perbenismo, la realtà dei fatti, senza alcun rimorso. Un libro intenso ma anche duro, che si chiude con uno spiraglio di speranza. Molto bello.
In un borgo alla periferia di Treviso vengono rinvenuti cadavere due anziani: Saverio Dotto, ucciso con tre coltellate nella schiena e la moglie ancora in camicia da notte con una coltellata al cuore. Un delitto sanguinario che scuote il torpore di una città della Bassa. Saverio Dotto si sa non era una brava persona molti hanno una ragione per vederlo morto, forse tra tutti una ragione in più ce l' ha Carlo Bettini. Si mormora in paese che fu il Dotto a violentargli e uccidergli la moglie nel 44 e tanto basta per servirgli da movente. Una vendetta insomma e così lo portano via, lo processano e lo condannano a vent'anni, poco importa se per il crepacuore non scontò interamente la pena morendo nel 1965, poco importa se era poco più che un capro espiatorio. Alberto Sartini, un bambino all'epoca dei fatti, dopo anni trascorsi a Brescia a fare il professore di filosofia, ormai in pensione torna nella vecchia casa dei genitori e inizia a interrogarsi su quegli antichi delitti. Fu davvero il Bettini l'assassino, o non fu altro che una scelta di comodo e il vero colpevole nascosto dall'omertà di un paese bigotto e rinchiuso nella gabbia criminale del titolo, l' ha fatta franca e impunito ha vissuto per anni nel rispetto e nella considerazione della comunità? La Gabbia criminale del noir più che del giallo classico ha molti elementi, ci sono le vittime che suscitano ben poca pietà, ci sono gli innocenti fatti passare per colpevoli, c'è chi cerca la verità ma alla fine avrebbe preferito non scoprirla, c'è un affresco sociale che rispecchia in maniera fedele il perbenismo bigotto di un'Italia di provincia che ancora vive nei piccoli borghi rurali dove tutti si conoscono, dove l'asfissiante maschera fatta di ipocrisia e falsità nasconde odi, rancori, vendette, rivalità e tutto si fa in nome dell'apparenza, l'unica cosa da salvare in un mondo gretto e ottuso e schiavo di quel che dice la gente.
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